Super Mario Bros è ancora il miglior film tratto da un videogioco

Un film di Super Mario cyberpunk serissimo e dark, tanto dark, che unisse l’atmosfera di Blade Runner a corse mortali su quattro ruote alla Mad Max per promuovere l’imminente Super Mario Kart. No, non è un progetto nato nella Nolan-mania post-Batman Begins secondo cui tutto doveva essere dark e solenne, ma il primo script per il film di Super Mario del 1993. E a rileggere il concept oggi potrebbe benissimo sembrare un recente e disperato tentativo di buttarla sulla seriosità per far prendere sul serio i film tratti dai videogiochi dopo un trentennio disastroso.

Nonostante siano una realtà assodata da 40 anni, infatti, ai film di videogiochi è sempre mancata la miccia, un po’ come fu per i cinecomic. Poi arrivò Richard Donner, che armandosi di tutte le sue energie (e di 22 premi Oscar nella troupe) ci urlò in faccia “Crederete che un uomo possa volare” già nel poster ed ecco che Superman cambiò tutto. Al contrario, i videogiochi al cinema nell’Anno Domini 2022 sono ancora nella fase delle promesse alla “Questo film cambierà la concezione dei videogiochi al cinema”/”Questo film sarà diverso”/ “Il Tomb Raider con Angelina Jolie? Macché, noi facciamo vero cinema” che dura da tipo 30 anni.

Che poi in realtà il SupermanDiRichardDonner dei videogiochi doveva essere proprio il film di Super Mario del 1993, viste le sue ambizioni: budget di 42 milioni (non una cifra indifferente ai tempi), Barry Morrow (premio Oscar per Rain Man) a scrivere la sceneggiatura, Dean Semler alla fotografia (vincitore di un Oscar pure lui), Bob Hoskins nel ruolo di Mario, un John Leguizamo in discreta rampa di lancio che vinse il ballottaggio con – sul serio – Tom Hanks per interpretare Luigi (va bene Luigi colombiano, dopotutto non è che Bob Hoskins esploda di pizza, mafia, e mandolino, ma senza baffi proprio NO), e trattative avviate per interpretare Koopa con: 1) Sean Connery, perché se ha accettato Highlander 2 accetterà per forza Super Mario. 2) Sylvester Stallone, perché se Sean Connery rifiuta un ruolo la prima alternativa a cui pensi è ovviamente Stallone. 3) Arnold Schwarzenegger, perché per par condicio se senti Stallone devi sentire anche lui, soprattutto da quando ha preso una deriva family friendly con Un Poliziotto alle Elementari. 4) Kevin Costner, che da lì a poco sarebbe entrato nella pre-produzione di quello che era solo il film più costoso della storia.

Alla fine, nessuno accettò, ma si ottenne comunque un Dennis Hopper che a quasi 60 anni e dopo aver rivoluzionato il cinema in motocicletta 24 anni prima decise che era ora di provare il brio della pensione d’oro che solo il cinema commerciale può darti. E poi se per Batman e Superman avevano lavorato nomi come Marlon Brando, Gene Hackman e Jack Nicholson, cosa poteva andare storto? Tanti soldi e tanti premi Oscar coinvolti: dopo i fumetti anche il mondo dei videogiochi stava per avere il suo SupermanDiRichardDonner. In fondo lo scopo del film era questo: così come il Batman di Burton aveva cancellato il Batman di Adam West dalla mente di tutti, questo Mad Mario: Fury Road doveva urlare al mondo quanto i videogiochi fossero dannatamente seri, con tanto di solenne tagline nel poster che fece impallidire persino l’iconico “You’ll believe a man can fly” del SupermanDiRichardDonner: “This Ain’t No Game” (“Questo non è un gioco”).

“Crederete che un idraulico possa saltare”

Ma più passava il tempo e più il progetto cambiava in corso d’opera: la regia venne affidata ai coniugi Rocky Morton e Annabel Jankel, che per il grande schermo avevano diretto solo l’apprezzato remake di Due Ore Ancora, la sceneggiature di Morrow messa da parte e riscritta a più mani, e da cupo road movie con Mario e Luigi Mad Mario: Fury Road divenne “solo” Super Mario Bros, qualcosa più vicino ai giochi e a portata di famiglia in parte anche a ragione, non solo per una questione di incassi ma anche di immagine, visto che gli anni ‘90 erano ancora la golden age dei movimenti anti-videogiochi.Dell’idea originale sopravvisse giusto l’ambientazione cyberpunk, mentre tutto il resto fu riscritto a riprese in corso, e per Hoskins & co. ormai era troppo tardi: avevano già autografato i contratti, dunque se Super Mario affondava, loro dovevano affondare con lui.

E in effetti che il film sia abbastanza improvvisato è abbastanza palese, non tanto per la sua estrema ingenuità (il film si chiama “Super Mario Bros.”, eh) ma perché tutti i personaggi parlano e si comportano in modo talmente pilotato da sembrare che fuori campo ci fosse sempre qualcuno con lo sguardo infuriato e un orologio in mano preso dalla fretta di arrivare a dama e concludere tutto il prima possibile, senza badare al come. Cosa che probabilmente sarà successa pure, visto che Bob Hoskins descrisse l’esperienza come “un fottuto incubo” dove la sceneggiatura cambiava un giorno sì e l’altro pure senza spiegazione, dove i registi erano descritti come dei despoti arroganti, e dove minacce e insulti tra cast e regia erano l’attività prediletta tra un ciak e l’altro.

Nonostante il clima incandescente, per un qualche inspiegabile motivo Bob Hoskins e John Leguizamo hanno una chimica credibilissima, probabilmente acquisita veramente a telecamere spente, visto che i due erano soliti ubriacarsi insieme per sopportare l’esperienza sul set, forse pure troppo (Leguizamo una sera tirò così tanto il gomito che finì pure investito da un’auto, rompendosi una gamba e costretto a indossare un gesso sotto i pantaloni in alcune scene).

Ai fan del gioco ovviamente il film non piacque, ma i fan di qualsiasi franchise sono notoriamente una tavola rotonda di rompipalle, e poi cos’altro si aspettassero da un live action di Super Mario è decisamente un mistero. Non si fosse chiamato “Super Mario Bros.” probabilmente sarebbe stato accolto da subito con maggiore affetto, un po’ come il film delle Tartarughe Ninja o tante altre perle dei nostri sabati pomeriggio di Italia 1.

E se lo sarebbe meritato anche, visto che stringi stringi a Super Mario Bros. si vuole tanto bene, e che come tutte le cose distrutte da critica e fan senza essere davvero brutte con gli anni si è costruito lo status di cult, soprattutto man mano che arrivavano al cinema film tratti da videogiochi non solo parecchio inferiori sul piano tecnico, ma che non regalavano neanche la metà del divertimento.

Super Mario Bros è un film brutalmente scemo com’è sacrosanto e fisiologico che sia un film live action su Super Mario, con un comparto scenografico di primo livello che oggi ci sogniamo, e un casting azzeccatissimo aiutato dai fiumi dell’alcol. Due cose che possono benissimo bastare per godersi un film su cui già dal titolo non si possono avere chissà quali aspettative oltre al divertirsi per tutti e 100 i minuti.

A meno che non si voglia considerare “Il piccolo grande mago dei videogames” del 1989, accusato all’epoca di essere uno film mascherato da spot della Nintendo di 100 minuti, fu il primo film mai tratto da un videogioco, e fu un po’ il Batman & Robin della Nintendo, visto che scottò così tanto l’azienda nipponica che prima di mettere in cantiere un nuovo film preferiranno aspettare solo 26 anni con Detective Pikachu.

Non scoraggiò comunque Hollywood a produrre film basati sui videogiochi: un connubio che, escludendo i Resident Evil perché pure un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno, quando ci dice bene al massimo produce cafonate divertenti tipo Doom, mentre quando ci dice (molto) male ci regala roba tipo Tekken.

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