Nel 1946 Superman sfidò il Ku Klux Klan tramite la radio

Nel 1940 la televisione esisteva già, ma non era ancora il media a cui siamo abituati a pensare, dunque ad essere la principale fonte d’intrattenimento per il pubblico casalingo era ancora la radio. Solo 2 anni prima, nel 1938, lo storico serial radiofonico de La guerra dei mondi narrato da Orson Welles aveva gettato la popolazione nel panico facendo credere agli ascoltatori che un invasione aliena stesse effettivamente accadendo, con migliaia di americani che si riversarono nelle strade in preda al panico: insomma, non solo una fonte di intrattenimento, ma un media capace di influenzare migliaia (se non milioni) di persone. Sempre quell’anno Superman aveva debuttato nelle edicole americane, diventando immediatamente il figlio prediletto d’America, vendendo cifre inimmaginabili e creando un fenomeno come nessun altro sarà mai in grado di replicare. Con due medium cosi potenti, che la radio e Superman fossero destinati ad incontrarsi apparve quindi scontato.

Molte delle radio dell’epoca oggi non esistono più, ma alcune ancora sopravvivono in buona salute, come la WOR, una delle radio principali dell’area metropolitana di New York nonché – con i suoi 98 anni – una delle più antiche stazioni radio degli USA. Dalla sua fondazione nel 1922, lo show più popolare prodotto dalla WOR resta tutt’oggi il serial radiofonico di Superman, partito nel 1940 e capace di andare avanti fino al 1951 con 2.088 puntate all’attivo: un tale fenomeno che per accrescerne il mito ancor di più la WOR decise di tenere segreta l’identità della voce di Superman, ossia quella di Bud Collyer (di fatto il primo uomo nella storia ad interpretare il supereroe, seppur solo con la voce), per giocare sul tema dell’identità segreta con un abile mossa di marketing.

Tutte le innovazioni del serial da Jimmy Olsen, alla Kryptonite al primo incontro con Batman

Il serial si rese protagonista di alcuni dei momenti più importanti della storia della DC, inscenando nel 1945 il primo incontro in assoluto tra Batman e Superman. Già, non il loro primo incontro nel serial, ma proprio il primo in assoluto. Al contrario di quanto si pensa infatti, i due pilastri della DC nei fumetti ci misero parecchio prima di incontrarsi.

Tecnicamente il loro primo incrocio avvenne 4 anni prima, nel 1941, dove condivisero la copertina di World’s Best Comics, ma si trattò di un incontro visivo e nulla più, visto che le copertine che condividevano erano solo un incentivo a comprare il fumetto con la promessa di trovare storie di entrambi all’interno, cosa che era vera solo in parte: Batman e Superman erano sì presenti nell’albo, ma sempre in storie separate. Il primo vero incontro ufficiale nei fumetti avverrà “solo” nel 1952, ben 7 anni dopo il loro incontro radiofonico, quando i due personaggi avevano già rispettivamente 14 e 13 anni di pubblicazioni alle spalle. A pensarci oggi può sembrare strano, ma ai tempi gli universi condivisi non erano affatto scontati.

Lo show fu anche teatro della prima apparizione di Jimmy Olsen (creato per dare a Superman qualcuno con cui parlare che non fosse sempre e solo Lois), che diventerà parte del cast fisso anche nei fumetti. Ai tempi non era usanza mandare in onda repliche delle puntate precedenti, dunque per concedere alla già citata voce di Superman Bud Collyer dei periodi di vacanza, gli sceneggiatori nel 1943 si inventarono un modo di garantire la presenza di Superman nello show anche senza farlo parlare: la Kryptonite.

Come tutti sapranno, la Kryptonite è il grande punto debole di Superman, frammenti provenienti dal suo pianeta talmente dannosi per lui che una prolungata esposizione alle sue radiazioni potrebbe persino ucciderlo. Dunque, incapacitato a parlare per l’agonia derivata dalla Kryptonite, Superman aveva bisogno solo di fare versi e smorfie di dolore, tranquillamente eseguibili da un doppiatore qualsiasi in attesa che Collyer tornasse dalle ferie dando, insieme ai camei di Batman e Robin, degli utili tappabuchi allo show. Da semplice tappabuchi la Kryptonite arrivò fino ai fumetti, con lo scopo di dare a Superman sia un punto debole che un primo incontro con le sue vere origini aliene.

L’ispirazione per la Kryptonite venne da una storia inedita di Jerry Siegel e Joe Shuster che la DC non volle pubblicare all’epoca, probabilmente perché nello stesso albo Superman rivelava la sua identità a Lois (evento per cui la DC preferirà aspettare solo altri 50 anni). La storia, secondo alcuni chiamata “The K-Metal from Krypton”, parlava proprio di un misterioso meteorite che oltre a togliere i poteri a Superman, ne donava altrettanti ai terrestri.

Parallelamente Collyer dava la voce a Superman anche al celebre cartone dei Fleischer Studios, dove “esportò” anche tormentoni del serial radiofonico come “Questo è un lavoro per Superman”, “E’ un uccello! E’ un aereo! E’ Superman!” e tanti altri. Di suo invece il cartone introdurrà altri tormentoni come il cambio abiti nelle cabine telefoniche, e persino… il volo. Il Superman dei fumetti infatti non volava, ma effettuava solo enormi balzi, coi Fleischer Studios che escogitarono l’espediente del volo per rendere più eleganti gli spostamenti di Superman, potenzialmente abbastanza goffi se visti in movimento rispetto alle immagini congelate delle vignette. Ma ora passiamo all’antagonista di questa storia davvero accaduta, che non è né Lex Luthor, né Bizarro, né Braniac, ma un antagonista davvero esistente: il Ku Klux Klan.

Il Klan prima di incontrare Superman

Fascismo in Italia, nazismo in Germania, franchismo in Spagna, salazarismo in Portogallo, per non parlare di Grecia, Austria, e Romania.. negli anni ’30 le dittature di estrema destra in Europa sembravano inarrestabili. Dall’altra parte dell’Atlantico invece, negli USA, il movimento (seppur extra-parlamentare) che più di tutti abbracciava le ideologie violente e razziste del fascismo, ossia il Ku Klux Klan, era in caduta libera. La storia del Klan in realtà si divide in 3 diverse incarnazioni: la prima, durata una quindicina d’anni, nasce nel 1865 fondata da ex soldati confederati, portando avanti i suoi noti principi del suprematismo bianco.

Inutile dire che la violenza con gli intenti del Klan si sposò immediatamente, portando con sé una tale striscia di morte che persino il suo fondatore, Nathan Bedford Forrest, si allontanò dal Klan, affermando che la sua organizzazione, a suo dire “nata con intenti patriottici”, aveva perso il suo spirito originario in favore della semplice violenza (basti pensare che nel 1870 il governo americano proclamò ufficialmente il Klan come organizzazione terroristica).

L’ultima apparizione pubblica di Forrest risale al 1875, dove tenne addirittura un discorso pacifico e di riconciliazione davanti alla Pole-Bearers Association, precorritrice della NAACP (una delle più grandi associazioni americane per la promozione dei diritti civili e dell’uguaglianza razziale) davanti a un pubblico di soli afroamericani che, come segno di pace, gli posero addirittura dei fiori. Stando al New York Times dell’epoca, come segno di distensione e fratellanza Forrest diede persino un bacio sulla guancia alla donna (ovviamente afroamericana) che gli pose i fiori. Altro che American History X, l’avreste mai detto che il fondatore del KKK avesse addirittura un cuore?

Nonostante la figura di Forrest potesse diventare (paradossalmente) simbolo della redenzione dal razzismo o del “non è mai troppo tardi per fare pace col mondo”, l’eredità della sua figura resta indissolubilmente legata alla fondazione del Ku Klux Klan.

Se la versione attualmente in vita del KKK è la terza, quella di cui parla questa storia è invece quella di mezzo, la seconda, nata nel 1915 su ispirazione dell’uscita al cinema di Nascita di una nazione, e introdusse (direttamente dal film) molti degli elementi oggi più riconducibili al Klan, come il cappuccio bianco a punta e il celebre rito delle croci in fiamme. A voler fare i simpatici si potrebbe quindi definire questo KKK il primo caso di fanboysmo derivato da un film. La nuova versione del KKK si proponeva come molto più xenofoba ed estrema della prima, predicando l’americanismo puro e prendendo di mira non solo i neri, ma chiunque non fosse nato su territorio americano, come italiani, irlandesi, o in generale qualsiasi immigrato europeo (ma anche ebrei e cattolici).

Questa versione toccò il suo apice negli anni ’20, dove riuscì a coinvolgere tra le sue fila intorno ai 6 milioni di membri, in tempi in cui la popolazione americana era di “solo” 106 milioni. Rapportando il numero di Klansmen -nome dei membri del Klan- dell’epoca ai soli membri eleggibili (escludendo quindi afroamericani, ebrei, ecc.) si stimò che il KKK coprisse un inquietante 15% sull’intera popolazione degli States, numeri dovuti anche all’apertura del “nuovo” Klan verso membri femminili.

Il KKK si rese indirettamente responsabile di quello che che con i suoi quasi 300 morti e le sue 1.256 case bruciate fu considerato il più grande attentato della storia americana pre-11 settembre, il massacro di Tulsa del 1921, dove ogni residenza e attività commerciale condotta da neri a Tulsa fu data alle fiamme da suprematisti bianchi. Le morti per motivazioni razziste avvenute durante il secondo Klan, che fossero provocati o meno da loro, furono talmente numerose che dare un stima sul numero di vittime è pressoché impossibile. Come direbbe qualcuno, “questo è un lavoro per Superman”.

Radio killed the KKK stars

Negli anni ’30 il Klan andò incontro ad un inarrestabile declino: la Grande Depressione aveva colpito anche le tasche dei cappucci bianchi, e le istituzioni locali si dimostravano sempre più attente ai crimini commessi dal Klan, che con la loro violenza scellerata iniziavano ad apparire troppo estremi persino per i suprematisti bianchi più, per cosi dire, “moderati”. A queste difficoltà si sommò una pesante accusa di evasione fiscale, e il Klan venne tecnicamente sciolto. Seppur sprovvisto di un coordinamento centrale, il KKK poteva comunque sopravvivere grazie ai gruppi locali ancora vivi e vegeti, una mentalità razzista in America tutt’altro che estinta, e svariati piccoli coordinamenti sparsi per tutti gli USA, dunque se il KKK non esisteva più a livello nazionale, nelle varie città degli States il problema era lontano dal tramontare.

La caccia al Klan era ancora aperta, e all’inizio degli anni ’40 un attivista per i diritti civili di nome Stetson Kennedy decise di entrarci come infiltrato, in modo da estrapolare informazioni utili all’abbattimento finale dell’organizzazione. Nella sua esperienza Kennedy scoprì codici, riti, parole d’ordine, e segreti sconosciuti del Klan: una tale quantità di informazioni che se rivelati avrebbero potuto dare al già agonizzante Klan il colpo di grazia. A Kennedy mancava solo un modo efficace per divulgare l’informazione che non fosse il “solito” giornale, e nel 1946 ebbe un intuizione geniale: contattare gli sceneggiatori del serial radiofonico di Superman e diffondere i segreti del Klan via radio.

Come detto prima, lo show di Superman era tra i più seguiti d’America, in particolare tra i ragazzi, e usare un media tanto popolare avrebbe fatto arrivare più efficacemente il messaggio. Gli sceneggiatori accettarono subito, e pianificarono una storia divisa in puntate, chiamata “Clan of the fiery cross” (“il clan della croce infuocata”), dove Superman e il Klan si scontravano. L’obiettivo di Kennedy era istruire i ragazzi su cosa fosse il Klan, togliere quell’aurea di misticismo che il KKK ancora si portava dietro, e ridicolizzarne l’immagine e l’assurdità dei riti (basti pensare che il capo del Klan si chiama Grand Wizard, traducibile come “imperatore magico”, o “mago supremo”), spogliandolo cosi da ogni fascino che poteva esercitare sui nuovi potenziali membri. Tra i vari codici identificativi il più celebre è indubbiamente “Conosci Mr. Ayak?”, la domanda che i membri si facevano per riconoscersi a vicenda: “Ayak” sono infatti le iniziali di “Are You A Klansman?”, a cui l’altro membro avrebbe dovuto rispondere “Si, e conosco anche Mr. Akai”, con Akai che stava per “A Klansmen Am I” (“sono un Klansman). O la sua variante “Mr. Ayak vive in questo quartiere?” con al risposta “No, ma ci vive Mr. Akai”.

Lo show ebbe un successo enorme, con bambini e ragazzi che insieme a Superman deridevano il Klan e i suoi assurdi riti ormai non più segreti, mentre gli adulti trovarono conferma di tutte le cose negative che avevano sentito sui suoi membri: Superman aveva fatto terra bruciata intorno al Klan, che senza poter arruolare nuovi membri interessati era prossimo alla fine. Il Klan era ovviamente su tutte le furie, e tentò di “vendicarsi” invitando a boicottare in massa tutti i prodotti della Kellogg’s, celebre marca di cereali che all’epoca sponsorizzava il serial. Ovviamente l’invito del Klan fu un flop. Lo scontro tra il KKK e Superman è un aneddoto talmente curioso che con gli anni chi lo racconta ne ha spesso ingigantito la portata (ogni tanto qualcuno sostiene che sia stato questo episodio a decretare la fine del secondo Klan, che in realtà era in fase terminale da anni), ma questo non sminuisce la grande importanza che ebbe l’intuizione di Kennedy nello sferrare il colpo finale ad una delle più grandi organizzazioni criminali degli Stati Uniti. Tutto Clan of the fiery cross è oggi disponibile per intero su YouTube.

Quando Superman fece infuriare persino Goebbels

Ai tempi era molto raro che i fumetti parlassero di attualità in modo cosi diretto, tendendo ad essere generalmente apolitici e a non prendere le parti che non fossero filo-governative (come il Maccartismo negli anni ’50), almeno prima che il Vietnam e il Watergate rompessero il tabù.

L’unica ovvia eccezione fu l’ingresso degli USA nella Seconda guerra mondiale, di cui i supereroi in un certo senso furono precursori (il celebre pugno di Capitan America a Hitler era datato dicembre 1940, addirittura un anno prima dell’attacco a Pearl Harbour, anche se la copertina recita Marzo 1941 per la tradizione americana a far uscire albi con date avanti di 3 mesi). Tuttavia il Klan non fu il primo movimento di estrema destra con cui Superman si scontrò nel mondo reale, visto che il primo fu… il nazismo in persona!

Come ho appena detto, con la Seconda guerra mondiale i fumetti di supereroi iniziavano a farsi voce delle vicende del Paese prima ancora che il Governo americano entrasse in guerra, e proprio su questo i creatori di Superman Jerry Siegel e Joe Shuster scrissero una storia per il Look Magazine (celebre rivista per cui sempre negli anni ’40 lavorò come fotografo un certo Stanley Kubrick) intitolata “Come farebbe cessare la guerra Superman”, dove l’Uomo d’acciaio pone fine alle ostilità rapendo sia Stalin che Hitler (minacciando quest’ultimo di “colpirlo con un pugno non-ariano”), portandoli a Ginevra, in Svizzera, e obbligandoli a mettere fine della guerra. La storia non va confusa con la celebre copertina dove Superman striglia Hitler e Hirohito , datata Luglio 1942, con gli USA già coinvolti in guerra.

Ai tempi per Superman rapire generali militari e obbligarli alla pace era consuetudine già dalla sua primissima storia targata 1938, dove con lo stesso metodo poneva fine alla guerra del fittizio stato sud-americano di San Monte. La storia nonostante la sua innocua e benevola ingenuità non lasciò indifferente il Reich, non tanto per la provocazione in sé, ma per la scoperta che sia Siegel che Shuster erano di famiglie ebree, tanto da scomodare ad esprimersi sulla questione addirittura

Joseph Goebbels, ministro della propaganda nazista, talmente importante nelle gerarchie del Terzo Reich che fu persino nominato successore di Hitler come cancelliere tedesco dopo la sua morte, seppur per soli 2 giorni. Goebbels dirigeva il Da Schwarze Korps, il giornale ufficiale delle SS, che il 25 aprile del 1940 dedicò un intero articolo a Superman definendolo esplicitamente “un giudeo” per via delle origine ebraiche del suo co-creatore Jerry Siegel, descrivendo nell’articolo quest’ultimo come “circonciso fisicamente e intellettualmente”, mettendo addirittura una sobrissima stella di David sulla grafica del suo nome.

Che le idee filo-naziste e quelle di un eroe che predicava i proverbiali “truth, justice, and American way” non fossero destinate a convivere pacificamente era scontato. Ironico che l’articolo sul “giudeo Superman” fosse stato pubblicato proprio un 25 Aprile, giorno (almeno qui in Italia, ogni paese ha il suo anniversario) storicamente ricollegato proprio alla liberazione dal nazi-fascismo.

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