La storia dietro alla creazione di Spider-Man
1962: muore Marylin Monroe, il Brasile di Pelè vince il suo secondo Mondiale, debuttano i Rolling Stones, nasce Diabolik, James Bond debutta al cinema, il Benfica di Eusebio domina l’Europa, la crisi missilistica di Cuba fa sfiorare al mondo la Terza guerra mondiale e siamo in piena corsa per lo spazio tra Unione Sovietica e USA, che proprio quell’anno manderanno fuori dall’atmosfera terrestre il loro primo uomo, John Glenn. Proprio la corsa per lo spazio l’anno prima fu il concept di partenza per I Fantastici 4, nuova creatura targata Marvel, ultimissimo cambio di nome dopo Timely e Atlas Comics della casa editrice di New York. I Fantastici 4 avevano cambiato completamente la vita di Stan Lee, che con Jack Kirby creò il quartetto a ben 39 anni proprio quando era a un passo dal lasciare la Marvel e l’industria dei fumetti in generale; un successo tale da far cambiare idea a Lee sul suo futuro lavorativo e fargli sfornare un altra grande intuizione insieme a Kirby: L’incredibile Hulk.
Hulk e i Fantastici 4 avevano molte cose in comune, oltre al muoversi sugli stessi celebri binari dei “supereroi con super-problemi” che Lee aveva reso un mantra, spiccavano per una certa propensione di Lee a volersi muovere in un contesto reale, di ambientare le proprie storie nel mondo di tutti i giorni a discapito di un più classico mondo fittizio. Il simbolo più grande di questa ricerca di “realismo” della nuova Marvel era senza dubbio l’ambientazione newyorchese invece delle più convenzionali città di fantasia come Gotham, Metropolis, o Coast City della DC (anche se la prima storia dei Fantastici 4 è ambientata nell’immaginaria città di Central City), ma la scelta più “coraggiosa” era senza dubbio quella di non voler ignorare la delicata politica internazionale del periodo, per di più in un media – quello dei fumetti – all’epoca visto ancora come un’esclusiva del pubblico più infantile.

Il 1962 è il momento più delicato della Guerra fredda, talmente delicato che la DC raramente faceva un qualche riferimento all’Unione Sovietica o ai comunisti nei propri fumetti, al contrario di Lee che rende la Guerra fredda centrale in molti dei suoi fumetti: dai Fantastici 4 che nel primo numero partono per la Luna senza adeguate protezioni dai raggi cosmici perché “non possiamo permetterci che quei comunisti ci battano” (i russi mandarono per primi un uomo nello spazio, dunque per gli USA conquistare per primi la Luna era vitale) ad Hulk nato a causa di un sabotaggio di una spia russa chiamata Igor, che a sua volta eseguiva ordini per Gargoyle, uno scienziato sovietico. Per non parlare di William Burnside, il Capitan America degli anni ’50 che invece dei nazisti dava la caccia ai comunisti in pieno Maccartismo, in un tentativo (senza successo) di aggiornare il personaggio di Cap e farlo sopravvivere alla fine della Seconda guerra mondiale. Lo storico Mike Benton ironizzerà addirittura che “tra il 1961 e il 1965 c’erano più comunisti nei fumetti della Marvel che nel Pravda (quotidiano ufficiale del Partito Comunista Sovietico)”.
Il mondo si accorge dei giovani
Insomma, alla Marvel non erano nuovi a cercare il realismo nei loro fumetti, e questo spinse Lee ad avere una nuova intuizione, seppur grezza e in fase embrionale: quella di un eroe fragile, che fosse spesso soggetto a fallimenti, e che avesse a che fare coi problemi di tutti i giorni, gli stessi che affrontavano quotidianamente i suoi lettori. I Fantastici 4 erano stati un primo tentativo, con i tormenti della Cosa e la delicata situazione economica del quartetto a porre le basi dei già citati “super-problemi” (nel numero 8 i Fantastici 4 a causa dei debiti sono costretti a sciogliersi e a cercarsi lavori normali per mantenersi), ma stavolta quei problemi andavano estremizzati per essere recepiti con ancora più forza. Ai tempi i ragazzini erano ancora la fetta più grande del pubblico dei fumetti, dunque Lee pensò di avere come protagonista un eroe molto più giovane affinché i lettori ci si potessero identificare immediatamente, in tempi in cui proprio gli adolescenti si stavano ritagliando una spazio sempre maggiore nella strategie commerciali dei media. Un po’ grazie alla nascita del Rock ‘n’ Roll, gli anni ’50 furono infatti il primo vero decennio dove i media si iniziarono a interessare agli adolescenti e alla cultura giovanile, creando un genere ancora inesplorato, il Teen Drama.

Fu l’inizio di un vero e proprio filone, con film come Blue Denim del 1959, a trattare argomenti per l’epoca decisamente tabù come aborto e gravidanze adolescenziali, o The Cool and the Crazy del 1958, uno dei primi film a parlare di droghe tra ragazzi (in realtà il film parla solo di marijuana, all’epoca considerato un argomento “forte” alla stregua dell’eroina), Girls Town del 1959 sul tema della carcerazione giovanile (al quale parteciparono anche i figli di Charlie Chaplin e Harold Llloyd), High School Hellcats del 1958, Teenage Thunder del 1957, e tanti altri, anche se il più famoso resterà
ovviamente (anche perché uno di pochi distribuiti fuori dagli USA) Gioventù bruciata. In breve, gli adolescenti erano diventati una fetta di pubblico tanto importante quanto quella adulta.
Nei fumetti gli eroi adolescenti non erano di certo una novità, già in passato il mondo aveva conosciuto Robin, Speedy, Bucky, Kid Flash, Wonder Girl e così via, i cosiddetti sidekick (o “spalle” in italiano), per non parlare di Johnny Storm e Rick Jones nei fumetti Marvel più recenti, ma stavolta Lee voleva rischiare e rendere un adolescente il solo e unico protagonista, creando un vero e proprio Teen Drama in formato fumettistico, in tempi dove “Teen Drama” non era ancora equivalente di genere sempliciotto e ingenuo.
The Amazing Mosquito-Man
Lee pensò che l’unico modo per distinguere davvero un eroe dagli altri fosse quello di dargli dei poteri completamente inediti, che non fossero solo la classica super-forza o velocità, e decise dunque di creare il nuovo personaggio partendo dai poteri, invece del contrario come era solito fare. Se sia andata davvero così non si sa (Lee stesso ripeterà sempre “Ho raccontato questa storia così tante volte che non so neanche più se è vera”), ma la leggenda narra che Lee ebbe l’intuizione una sera a casa sua, quando vide una mosca camminare sulla parete… una semplice immagine che a suo dire gli diede l’idea del potere dell’adesione alle pareti. Un potere cosi tipico degli insetti portò Lee ad una logica idea di “uomo-insetto”, e a stilare una lista di nomi papabili per la sua nuova creatura. I nomi che uscirono dalla lista però furono troppo terribili anche per Lee, una lista che comprendeva anche “Mosquito-Man” e “Fly-Man”, finchè Lee, scorrendola, non arrivò al prefisso “Spider”. Stando ai racconti, Lee optò per “Spiderman” per il suono elegante che aveva, a suo dire “misterioso, drammatico e potente al tempo stesso”, anche per il suo rimando a “The Spider”, eroe delle riviste Pulp degli anni ’30 di cui Lee era grande fan, che a dispetto del nome coi ragni non aveva nulla a che fare.
Lee decise infine di aggiungere un trattino in mezzo allo “Spider” e al “Man” per distinguerlo da Superman, evitando che ad una prima lettura i nomi potessero risultare simili (in effetti hanno la stessa lunghezza e iniziano entrambi con “S” e finiscono per “…erman”).

L’idea di Spider-Man c’era, mancava solo tutto il resto. Pur essendo un eroe giovani, Lee non volle chiamare la sua nuova intuizione Spider-Kid o Spider-Boy come si era solito fare per sidekick ed eroi in erba: non solo temeva che potesse suonare “inferiore” agli altri personaggi, ma era sua intenzione mettere la crescita del personaggio al centro di tutto, vedendo nel “man” quasi un aspirazione finale, piuttosto che una definizione.
Lee propose la sua idea preliminare all’editor della Marvel Martin Goodman, che però frenò subito il suo entusiasmo bocciando il progetto. Goodman disse a Lee che un personaggio pieno di problemi, eternamente sfortunato, che fosse un adolescente solista, e troppo diverso dagli eroi classici a cui i lettori erano abituati, non avrebbe mai avuto successo. Per di più con un ragno come simbolo, un animale generalmente schifato da tutti (storica la frase che Goodman disse a Lee: “Stan, hai idea di come sia un supereroe? I supereroi non hanno problemi!”). Lee comunque non si arrese, insistendo con Goodman e arrivando alla fine a un compromesso: Spider-Man sarebbe stato pubblicato nell’ultimo numero di Amazing Fantasy, una rivista di storie horror e fantascientifiche che avrebbe presto chiuso i battenti col numero 15 per le scarse vendite, cosicché in caso di flop Goodman e la Marvel non ci avrebbero rimesso nulla. Sapendo che Amazing Fantasy avrebbe chiuso a prescindere, senza nulla da perdere Lee ebbe carta bianca sul come sviluppare il personaggio.

Il primo (vero) Spider-Man
Avendo già collaborato con Jack Kirby per i Fantastici 4 e Hulk, Lee si rivolse ovviamente a lui per limare il personaggio. Dopotutto se il tuo usuale collaboratore casualmente è anche il più grande genio artistico del XX secolo non puoi fare altrimenti. Kirby apprezzò l’idea e iniziò a buttare giù idee per il personaggio, tirando fuori anche una vecchia idea che lui e Joe Simon (con cui “The King” aveva già creato Capitan America nel 1941) avevano avuto negli anni ’50 senza però portarla a compimento, su un personaggio chiamato proprio… Silver Spider! Il personaggio mai sviluppato dai due era un ragazzo rimasto orfano, che ormai viveva coi suoi zii anziani, che otteneva dei misteriosi poteri dopo essere entrato in possesso di un anello magico (è dunque probabile considerare Kirby il vero “padre” di Zia May e Zio Ben).
Il piano di Lee era di far disegnare SpiderMan a Kirby e lasciare le inchiostrazioni a Steve Ditko, abituale disegnatore di Amazing Fantasy. Lee e Ditko si erano conosciuti anni prima alla Marvel ai tempi in cui si chiamava ancora Atlas, quando Ditko era per lo più impegnato a disegnare svariate riviste horror della Marvel come Journey Into Mystery (su cui anni dopo debutterà Thor), Tales of Suspense (su cui nel 1963 debutterà Iron Man), Tales to Astonish (che vedrà la prima apparizione di Ant-Man) e soprattutto, su Amazing Adventures, che cambierà nome in Amazing Adult Fantasy, per poi terminare come – appunto Amazing Fantasy. L’”adult” del titolo rispecchiava la volontà di Ditko a raccontare storie più sofisticate di quelle che solitamente andavano in stampa (che tra l’altro furono anche le prime storie in cui collaborò con Lee), facendo aggiungere apposta in copertina anche la scritta “Il fumetto che rispetta la tua intelligenza”.
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