La mosca 2 è un sequel divertente e creativo
La mosca 2 è un sequel particolare. Non ha assolutamente l’arguzia e la profondità del primo film di David Cronenberg, né la sua scrittura puntuale e senza fronzoli. A Cronenberg infatti non piacque per niente. Però ha decisamente il suo perché.
Innanzi tutto rispetto al primo film prende una strada logica: il personaggio di Veronica Quaife (interpretata da Geena Davis), infatti, nel capostipite rimaneva incinta del ‘mostro’ e voleva abortire, ma non ci riusciva; ergo il protagonista de La mosca 2 è l’incolpevole “figlio della mosca”.

Il figlio in questione è Martin Brundle (Eric Stoltz), che vediamo nascere nella prima, cruda sequenza del film.
Quello che vediamo partorire da Veronica Quaife – che muore subito dopo il parto – è un disgustoso bozzolo contenente un neonato. Apprendiamo da subito quindi che il figlio ha ereditato il corredo genetico “mutato” del padre, fatto per cui diventerà una cavia da laboratorio.

Il fatto curioso è che Martin invecchia (o si evolve) in fretta, sia fisicamente che mentalmente: a 5 anni ha già l’aspetto e le facoltà di un diciottenne/ventenne. Viene tenuto sotto osservazione dalla corporation che lo tiene “prigioniero”, ma grazie alla sua intelligenza sovrasviluppata lavora sottobanco a delle ricerche per una cura che lo aiuti a rallentare il suo invecchiamento e a vivere una vita normale.
Gli scienziati però hanno dei piani specifici: vogliono che lui si trasformi nella “creatura finale”, proprio come suo padre.
Che dire? Il film si lascia guardare che è una bellezza, regalando anche effetti speciali pratici decisamente ottimi, e non è un caso: a dirigere è infatti Chris Walas, che già aveva curato gli effetti del primo film di Cronenberg.

Walas nel provocare raccapriccio non perde assolutamente la sua mano, e anzi ci mette notevoli pezzi di bravura: c’è un cane mutante, ad esempio, che è frutto di un esperimento fallimentare con le vecchie cabine per il teletrasporto di Seth Brundle, ed è realizzato in maniera eccezionale.
Il cane è sì disgustoso, ma soprattutto è sofferente, e la creatura animatronica creata dal team di Walas ha un’espressività così realistica da far venire il magone.

Quando poi nel terzo atto La mosca 2 diventa un monster movie in piena regola, lo sfoggio di effetti speciali è all’altezza delle aspettative, e ci sono un paio di momenti splatter veramente da applausi.
Questo sequel è infatti un degnissimo prodotto di genere, tecnicamente eccelso e che sta in piedi anche a livello di scrittura, benché sia chiaramente meno a fuoco del suo predecessore quando si tratta di riflessioni che vadano oltre il suo valore come prodotto di intrattenimento.
Certo resta interessante il dramma di un figlio condannato fin dalla nascita a scontare fisicamente gli errori di suo padre, destinato ad un invecchiamento veloce e inarrestabile e infine ad un’orrenda metamorfosi, e forse è giusto che al suo personaggio spetti il tanto criticato happy ending di questo film. La mosca 2 però dà il meglio quando dà libero sfogo alle trovate visive/spettacolari.

Curiosità sparse: la sceneggiatura, a partire da un trattamento dell’amabile Mick Garris (regista di molti adattamenti televisivi kinghiani e ideatore tra le altre cose del bellissimo Post Mortem, format in cui intervista i grandi dell’horror), è stata riscritta da un allora giovanissimo Frank Darabont, che già aveva lavorato a Nightmare 3 e al divertente remake di Blob.
Come protagonista venne considerato Keanu Reeves, che però non era interessato al progetto. Prima di Walas e prima di Garris e Darabont, il film venne offerto a Sam Raimi, che scrisse un trattamento con suo fratello Ivan. La loro versione venne rifiutata perché considerata “troppo stravagante”, ma Garris stesso dice che sarebbe potuto essere un film davvero “diverso ed eccezionale”.

Altro? Beh, il personaggio di Eric Stoltz ha un affaire amoroso con una bella ricercatrice interpretata da Daphne Zuniga, solo che lei non sa che lui in realtà ha cinque anni. A gender invertiti oggi questo sarebbe un film “problematic”.
A chi non lo avesse mai visto perché sfiduciato in partenza diciamo: dategli una possibilità. La mosca 2 non ripete la formula del suo predecessore, non tenta invano di gareggiare con la sua profondità, quindi si slaccia la cravatta e si diverte un mondo.