Isabella duchessa dei diavoli: il cinefumetto realizzato dai creatori di Nico Giraldi

L’uscita del Diabolik dei Manetti Bros. sarebbe ancora prevista per capodanno, e benché la situazione cinema sia ben nota non è arrivata ancora nessuna smentita. Non sappiamo quindi quando realmente uscirà, ma nell’attesa abbiamo deciso di ripercorrere la storia del mai abbastanza ricordato “cinefumetto” italiano. Un cinema figlio di anni in cui ai produttori, incredibilmente, l’idea di portare sullo schermo le icone del fumetto tricolore non sembrava poi così assurda.

Le puntate precedenti:

  1. Cenerentola e il signor Bonaventura (1941)
  2. Kriminal (1966)
  3. Satanik (1968)
  4. Diabolik (1968)

Quinta puntata: Isabella duchessa dei diavoli (1969)

Il 1968 fu, manco a dirlo, l’anno del Sessantotto: l’anno in cui le contestazioni giovanili ruppero ogni tabù, e ogni ideologia che contribuiva allo status quo fu messa sottosopra, palesando quanto la morale dell’epoca fosse sempre più antiquata e retrograda. A mettere le basi per scandalizzare il pudore dell’epoca ci avevano già pensato i fumetti neri italiani dei vari Diabolik, Kriminal e Satanik, e si sa, più tabù si rompono, più l’asticella per dover scandalizzare si alza.

Ai tempi, a rompere i tabù sessuali dei fumetti furono inizialmente gli stacchi di cosce, poi le velate scene di sesso, poi le mutandine di Satanik, e infine, il fumetto erotico. Uno dei primi nomi a spingersi oltre fu Renzo Barbieri con la creazione di Goldrake (involontariamente omonimo del Goldrake di UFO Robot, che però verrà creato qualche anno dopo) nel 1966, tipico agente segreto nato dalla 007-mania di quegli anni ma con contenuti molto più spinti e controversi persino per gli standard moderni: non era raro infatti vedere Goldrake lasciarsi andare a contenuti pesantemente razzisti, omofobi, o con un anti-comunismo decisamente estremo per non risalire all’America maccartista.

Nulla di cui stupirsi, visto che sempre Barbieri, anni dopo (quando ormai il fumetto erotico si era spinto ulteriormente oltre diventando a tutti gli effetti porno) inventerà una serie di fumetti pornografici con un eroina col delicatissimo nome di Sukia. Se pensate che chiamare Sukia non fosse già poco sobrio di suo, vi basti pensare che il n.88 di Sukia avrà come titolo di copertina “Il virus della frociaggine”.

E sì, come il titolo suggerisce il virus della frociaggine in questione nella storia è un virus che trasforma chiunque in gay. Scusate, non giudicatemi male se più che scandalizzarmi mi fa ridere forte, ma non posso fare altrimenti… sembra una follia che avremmo creato tra amici in seconda elementare solo perché conteneva una parolaccia.

Dopo Goldrake, Barbieri creò con Giorgio Cavedon il primo vero fumetto erotico italiano, Isabella. Ambientato nella Francia del XXVII° secolo, Isabella fu il primo fumetto italiano a mostrare nudi femminili espliciti e a trattare temi scomodi per l’epoca come l’omosessualità o violenza sessuale, nonché il primo che si poté fregiare dell’appellativo di “fumetto erotico”, ed ebbe modo di portare la rivoluzione dei riferimenti sessuali di Satanik al passo successivo, spianando la strada a futuri autori come Milo Manara (che verrà notato proprio da Barbieri e Cavedon), o a fumetti erotici come Necron (ideato sempre da Barbieri ma disegnato da Magnus), e personaggi come Zora la vampira, da cui tra l’altro è stato tratto un film nel 2000 diretto dai Manetti bros (cosa che, con l’imminente nuovo film di Diabolik, renderà i due fratelli i primi italiani in assoluto a dirigere due cinefumetti su due personaggi diversi).

Dopo il caso isolato de Il signor Bonaventura nel 1941, i cinefumetti in Italia erano ormai una realtà assodata, seppur sempre con produzioni a basso budget, cosa che purtroppo resterà una costante, (nonostante di mezzo Mario Bava avesse dimostrato che un cinefumetto dagli intenti ambiziosi fosse possibile), e il fatto che nel calderone ci finì il successo “proibito” dei fumetti di Isabella rese l’idea di un suo adattamento sempre più concreto. Nello stesso anno del Diabolik di Bava, nel 1968, il film di Satanik aveva fallito alla grande, non portando nulla della rivoluzione del fumetto anche a causa dei tempi non ancora maturi del cinema dell’epoca, decisamente poco avvezzi ad avere i riferimenti sessuali e la carica erotica dei fumetti di Satanik.

Tuttavia, sempre quell’anno, la rivoluzione sessuale del Sessantotto sconvolse tutto, cambiando completamente la percezione della libertà sessuale, e da lì in poi, nudità e riferimenti sessuali in un film non sarebbero più stati considerati roba da depravati o da fricchettoni. Una rivoluzione tale che anche pochi ma significativi mesi fecero tutta al differenza del mondo, rendendo l’uscita di Isabella, seppur distanziata da Satanik di appena un anno, molto più portatrice della rivoluzione sessuale che i fumetti italiani stavano portando avanti addirittura prima che il Sessantotto iniziasse.

Prima di Lino Banfi e Alvaro Vitali

Ad occuparsi del progetto furono Bruno Corbucci e Mario Amendola. Dopo essersi conosciuti nel 1967 con Riderà, i due avevano dato il via a quello che sarà uno dei sodalizi più importanti del decennio successivo, e che li porterà a creare la loro icona più celebre, ossia Er Monnezza. Cioè, in realtà i due crearono non crearono il Monnezza (che fu opera di Umberto Lenzi e Dardano Sacchetti) ma Nico Giraldi, che sono due personaggi diversi, ma dato che nella concezione popolare si tende a considerare Giraldi quando si parla del Monnenzza (anche Il ritorno del Monnezza del 2005 fa lo stesso errore), seppur erroneamente, si può anche dire così.

Essendo del 1969, Isabella duchessa dei diavoli può considerarsi tra i primi esempi del filone dei film erotici italiani. Non proprio qualcosa da poco, visto che sul genere erotico l’Italia ci costruirà un intero immaginario che arriverà persino all’estero, diventando tra i generi dominanti dei B-movie italiani degli anni ’70, con una successiva deriva comica che li renderà a posteriori fondamentali per il costume e la cultura pop italiana.

Tolto il primato di primo fumetto erotico italiano, le storie di Isabella non avevano grandi particolarità, e il film purtroppo segue la stessa linea. Almeno per chi, come me, ha sempre qualche sbadiglio a vedere film in costume ambientati troppi secoli fa, Isabella potrebbe risultare un film come un altro, anche abbastanza noiosetto e senza particolare mordente, con qualche scena erotica a dargli un impronta più rock, ma che di certo non rende il film memorabile, e che è da vedere più per la portata innovativa dell’epoca (soprattutto se rapportato al “collega” Satanik) che per l’effettivo spettacolo. Fortuna che Corbucci ebbe tanti altri anni per dimostrarci di cose era capace.

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