Il Terry Silver Show di Karate Kid III
Ho sempre considerato il 3 il vero sequel del primo Karate Kid. Il 2 era stato tanto bello quanto inusuale: quanti altri sequel avete visto dove il protagonista cede lo scettro al co-protagonista/mentore?
Karate Kid II era quasi più uno spin off con Miyagi protagonista piuttosto che il proseguimento della storia di Daniel LaRusso, che ad Okinawa appariva molto più defilato del maestro, e con delle dinamiche molto diverse dal primo film. Karate Kid III è invece il seguito naturale: inizia dove finisce il primo, prosegue l’arco narrativo di Daniel LaRusso, e John Kreese medita la sua logica vendetta. Insomma, Karate Kid III è il vero sequel di Karate Kid.

Non perché il secondo non meriti di essere considerato (tutt’altro), ma proprio perché affronta le conseguenze del primo molto più di quanto (non) facesse il secondo, motivo per cui da piccolo tendevo a confonderli e a invertirli persino, per poi realizzare che in effetti, come in ogni saga che si rispetti, se in un film il protagonista subisce il fascino del lato oscuro, non può che essere per forza il terzo capitolo.
Odiato a morte sia da John G. Avildsen che da Ralph Macchio, Karate Kid III è un film davvero strano, che copia e incolla elementi del primo film, aggiungendo una base comunque interessante, quella di un Daniel talmente sicuro di sé da essere sedotto dal lato oscuro del karate, ma senza nascondere improvvisate di scrittura e alcune scelte buttate un po’ a casaccio. Ma chissenefrega, perché Karate Kid III è divertentissimo. E poi c’è lui. Terry Silver.
Il miglior amico di tutti i tempi
Per chi non se lo ricordasse, Terry Silver è il villain del film, amico di John Kreese armato di miliardi, plutonio, cocaina, e un bellissimo codino, che per aiutare Kreese in onore del loro legame in Vietnam decide di attuare una vendetta (che non lo riguarda) contro un ragazzino di 18 anni (che non ha mai visto né conosciuto), impiegando tutta la sua servitù (perché può) e spendendo tempo e soldi preziosi (che ha in abbondanza), mandando nel frattempo l’amico in vacanza a Tahiti (perché sì), pagata ovviamente da lui (perché ha soldi da buttare).

Squilibrato, inutilmente calcolatore, inspiegabilmente miliardario, scaricatore di scorie nucleari con tanto (troppo) tempo libero, Terry Silver è l’amico migliore di tutti i tempi, quello che tutti vorremmo: un pazzo totale in assoluto overacting, un cartone animato vivente che sembra venuto fuori dal cartone delle Tartarughe Ninja o da un sequel di Highlander (ormai sono arrivato alla conclusione che qualsiasi tizio coi capelli lunghi sia un perfetto e papabile villain di Highlander).
E pensare che Terry Silver non doveva neanche esserci, ma fu aggiunto come tappabuchi per gli impegni di Martin Kove (ossia Kreese) sul set di Benvenuto sulla Terra, serie TV del 1989 col font di Superman dove Kove interpretava un alieno esiliato sulla Terra con un occhio-robot volante fatto di CGI a sorvegliarlo, e che poteva vantare questa bellissima sigla:
Tutto grazie a Thomas Ian Griffith che, fregandosene (o forse capendo meglio di tutti quanti) dell’antifona, capì che se c’era un film dove serviva alzare il volume di pazzia a mille per salvarlo era proprio questo, predicendo la follia che la serie abbraccerà sempre di più (tipo i poteri jedi dei monaci di Karate Kid 4) e piegando tutti e 112 i minuti alla sua volontà. Perché Karate Kid III non è un film, è solo quello che Terry Silver vuole che sia.
Come detto, il primo obiettivo di Karate Kid III è copiare il primo film il più possibile, tanto che oltre a Kreese in origine doveva tornare anche Johnny Lawrence, salvo poi essere messo da parte (e meno male, altrimenti non avremmo mai avuto Cobra Kai), ma lo schema restava sempre quello, sostituendo un cattivone tutto sommato nella norma come Kreese col doppelganger di Duncan MacLeod sotto cocaina, e un bullo abbastanza normale come Johnny Lawrence da un membro di spicco della gioventù hitleriana interpretato da Sean Kanan (che, cito testualmente da Wikipedia, “in Italia è particolarmente famoso per Beautiful” e una partecipazione a Ballando Con Le Stelle nel 2006) con una faccia che è tutto un programma:

Ralph Macchio stesso fu sostituito da un Ralph Macchio ormai sposato e con le conseguenze del matrimonio, ossia tanti chili in più e gelosie coniugali della moglie, sospettosa verso Robyn Lively, qui chiamata a fare da nuovo interesse amoroso.
Proprio Robyn Lively fu protagonista di uno dei tagli più strani del film, visto che qualcuno ebbe la geniale idea di imbastire una love story tra lei e Ralph Macchio. Il problema? Nessuno, se non per il fatto che uno dei due aveva 27 anni (e ok) e l’altro ne aveva… 16 (un po’ meno, ok). Indovinate chi dei due ne aveva 16?

Dire “Ralph Macchio” sarebbe legittimo, visto che Ralph Macchio ne dimostra 16 tutt’oggi, e invece no, perché era Ralph Macchio ad averne 27, mentre Robyn Lively non aveva neanche l’età per godere dei diritti fondamentali di ogni americano come comprare alcolici, prendere la patente, o acquistare un fucile automatico da Walmart. Il risultato? Dopo 1 ora e mezza di amore platonico tra i due, improvvisamente lei smette di apparire, uscendo di scena senza chiudere minimamente la sua parte nella storia, forse per non far subire il film a qualche denuncia per sfruttamento di minorenni dalla moglie di Ralph Macchio.
Karate Kid III è un film imperfetto, che ripete lo schema del primo senza la stessa energia, ma anche con un’idea interessante di fondo che ne amplia la mitologia, e che ha comunque il pregio di buttarla in caciara e armarsi di sana follia quanto basta per farsi volere bene. Sana follia che Cobra Kai ha avuto il coraggio/merito non solo di abbracciare a pieno col ritorno di Terry Silver, ma anche di capirla (solo chi è un vero fan di Terenzio Argento può aver dato così tanta e apparentemente insensata enfasi al ritorno del suo codino).
Forse non sarà all’altezza dei primi due, ma è bello sapere che un film e un villain del genere facciano parte della saga.