Fast and Furious, o l’inizio della miglior saga degli ultimi 20 anni
“Avevo cominciato a pensare il primo Fast and Furious come a un classico, una specie di Gioventù bruciata”. Questa è la frase con cui Vin Diesel ha riflettuto qualche mese fa sui tempi in cui girò il primo capitolo della saga, nel lontano 2001, quando ancora non potevamo sospettare che ciò che era nato come un semplice film per appassionati di macchine e di corse che prendeva palesemente ispirazione da Point Break e con qualche punta di Boyz n the Hood potesse arrivare a 9 capitoli (con tanto di spin-off con protagonista The Rock – all’epoca ancora impegnato a darsele con Steve Austin e Triple H), di cui il prossimo ambientato nello spazio (!). Proprio lui, quel film che per un intero decennio si era costruito la fama di più grande cult dei coatti dopo Scarface, diventato per molti di loro quello che Star Wars è per i nerdoni, e fonte di infinite vignette con frasi sulla vita, l’onore, il rispetto, e la famiglia, facendoci quasi credere che F&F non fosse nient’altro che la biografia di Vin Diesel.
Fast and Furious è come minimo la miglior saga degli ultimi 15 anni. Ironia? Mai stato più serio di così. F&F è tutto quello che i suoi hater credono, e l’esatto opposto al tempo stesso: una saga decisamente consapevole di quello che è… un concentrato di follia, di aforismi per coatti, di assoluto e consapevole rifiuto del realismo, di una personalità ben definita, di enorme autoironia, esattamente quello che i cinefili di nuova generazione – quella dei “buchi di sceneggiaturaaaaa” – odiano, e che chi è dotato di senso dell’umorismo invece ama. Mi avessero detto tutte queste cose qualche anno fa avrei pensato anch’io fosse follia, e che tutta la saga non fosse nient’altro che la rovina del “cinema vero” (cosa vorrà mai dire poi?), finché un bel giorno del 2015 il trailer di F&F 7 mi esaltò cosi tanto da spingermi al vederlo al cinema, e una volta finita la visione in sala capii che F&F non era lì per rovinare il cinema, ma per salvarlo.

Sono passati 19 anni (!), ed è ancora assurdo pensare che F&F sia ormai la seconda saga più longeva della storia del cinema dopo James Bond. In maniera continuativa si intende, motivo per cui non cito i varo Rocky, Alien, eccetera. E proprio con 007 condivide l’aspetto più interessante di una durata così longeva: non essere mai una saga uguale a sé stessa (e già basterebbe questo a fargli seppellire l’universo Marvel Made in Disney), e l’essere testimone del costume e del mondo che cambia. Se per Bond i cambiamenti rappresentati in 50 anni sono la politica internazionale e la cultura occidentale, per F&F è essenzialmente un manifesto antropologico di come si sono evoluti la musica, i coatti, e il cinema commerciale.
È il 2001, e Matrix ha appena sconvolto il cinema da un paio di anni rivelandosi il più grande turning point dai tempi del primo Star Wars, e tutti vogliono essere come il capolavoro targato Wachoswki anche a costo di inserire rimandi a forza, così tanto che viene da chiedersi se Matrix sia stato solo espressione delle tendenze dell’epoca o se le abbia create lui stesso: tutto il cinema commerciale è quindi invaso da arti marziali, occhiali da sole, rallenty, bullet time, CGI, capelli pieni di gel e cappotti di pelle. Ma soprattutto, di Alternative Metal/Nu Metal a palla.

La saga di F&F inizia infatti col mondo dei giovani bianchi americani arrabbiati nella speranza di sentirsi Hip Hop come i colleghi afroamericani, e che passa da Fat Joe, Limp Bizkit e Dope a Danza Kuduro, Wiz Khalifa, David Guetta fino alla trap (l’ultima scritta volutamente in minuscolo), Vin Diesel che trova la fedina penale di Paul Walker “su internet” come fosse la storica gag di Timmy Turner ne I Fantagenitori, e che parte da floppy disk con progetti di macchine a tecnologie militari capaci di connettersi ad ogni camera del mondo (l’Occhio di Dio del 7)… F&F dal 2001 è (anche) 20 anni di storia della musica, della tecnologia e del costume che cambiano.
In pratica, James Bond e F&F sono la stessa cosa: uno inglese ed elegante, l’altro yankee e boro
Il Nu Metal, nato come ibrido tra Rock e Rap e ultimo vero genere musicale a diventare costume e avere una sua cultura giovanile, seppur di breve durata e con una portata limitata agli USA ma abbastanza significativa da avere una sua Woodstock (sul serio: Woodstock 1999 come manifesto del Nu Metal c’è stato davvero, e fece più discutere per le risse che ci furono che per la musica), fece da colonna sonora per quasi ogni film commerciale dell’epoca, ad esclusione di Matrix quasi solo film scemi, distrutti dalla critica, e che a rivederli oggi strappano un sorrisone nostalgico, quello che io chiamo il Cinema Nu Metal. Charlie’s Angels, Dracula’s Legacy, La regina dei dannati, Daredevil, Rollerball, e tanti altri film che io adoro nel loro essere parecchio scemi (in realtà Daredevil ha un sacco di pregi oggettivi di cui parlerò un’altra volta) ma che furono distrutti all’epoca, e che vengono demoliti tutt’ora da chi non sa farsi una risata prendendo le cose per quello che sono, quello che io amo chiamare “Cinema Nu Metal”, perché come altro puoi chiamare un cinema fatto di (“fatto di”, non “con”) Korn, Drowning Pool, Linkin Park, Limp Bizkit, ma anche Marylin Manson o Rob Zombie: musica e sound che hanno definito un epoca, e che se non dovessero essere presenti su Matrix 4 giuro che faccio un macello.

F&F è uno dei pochi superstiti di quel cinema. Dopotutto, in quali altri anni potevi goderti una scena con una serie di retate con Debonaire di sottofondo? Un cinema che voleva talmente risultare moderno e giovane a tutti i costi a causa del simbolico e appena inaugurato Terzo Millennio, che spesso non riusciva a dosare riferimenti sessuali, effetti speciali ancora tutt’altro che perfetti, o il farsi portabandiera di come fosse il mondo dei (ggg)giovani tra mutande di fuori, slang dall’attendibilità discutibile, e attitudine yo-fra-comebutta-bro.
Se F&F doveva essere il Gioventù bruciata della Generazione Limp Bizkit, sempre Rob Cohen e Vin Diesel ci regaleranno anche il “loro” 007 solo 2 anni dopo, con quest’ultimo che si porterà dietro con sé tutto il Rock/Alternative Metal di F&F aggiungendo all’equazione anche i Rammstein, i P.O.D., e Gavin Rossdale, lasciando F&F libero di entrare nella sua caratteristica fase Rap già dal sequel, in cui Vin sarà assente, dove tra l’altro Roman, personaggio che affianca Paul Walker e che diventerà ricorrente nella saga, sarebbe dovuto essere Ja Rule, rapper di cui oggi si sono un po’ perse le tracce ma all’epoca lanciatissimo, già presente nel primo film.
La saga che speriamo non finisca mai
Il primo F&F non solo è estremamente sobrio rispetto a quello che si vedrà nei film successivi, che saranno dei film di supereroi ma senza poteri (oddio, mica tanto, visto che i superpoteri Hobbs & Shaw li ha decisamente sdoganati), ma anche rispetto a tanti film contemporanei che puntavano allo stesso tipo di pubblico! Non è particolarmente originale nei contenuti, e si mantiene sui più classici binari della storia del poliziotto infiltrato che entra nelle grazie del boss, un genere che già dopo Point Break e Donnie Brasco non poteva più raggiungere vette qualitative più alte.

È più un film per appassionati di macchine che altro – anche perché il lato poliziesco è pressoché inutile e limitato a un paio di scene con Paul Walker che discute col capo/padre di Michael Jordan su Space Jam -, motivo per cui i capitoli a partire dal 5, quando con l’arrivo di The Rock aumenterà in pazzia, saranno spesso bersagliati dai fan hardcore dei capitoli originali (è commuovente quanto i coatti abbiano a loro modo un loro equivalente di “I nuovi capitoli hanno rovinato la saga” come quegli psicotici nerdoni dei fanboy di Star Wars), diventando però amatissimi dalla critica specializzata e portandosi a casa incassi stratosferici che ai tempi del primo avrebbero definito inimmaginabili. Il che è paradossale, visto che la saga passerà da semplici corse clandestine a soap opera con auto che volano letteralmente da un grattacielo all’altro a limiti della (voluta) auto-parodia, nuovi fratelli mai menzionati che spuntano fuori a caso di capitolo in capitolo (finché i suddetti fratelli sono Jason Statham e John Cena sfido chiunque a lamentarsi), e gente che resuscita… non proprio roba che la critica ama.
In realtà la spiegazione c’è, ed è il motivo per cui reputo F&F la miglior saga egli ultimi anni: perché è perfettamente consapevole di quello che è, e ha l’intelligenza di ironizzarci molto prima (e meglio) di quanto non possano fare i suoi hater. Lo ha capito e apprezzato la critica più intellettuale, l’ha capito chi fino a qualche anno fa era più chiuso mentalmente (come il sottoscritto), ma non i cinefili di internet, che ancora si scandalizzano ad ogni trailer su “come la gente possa vedere film del genere”. Io mi chiedo come si possa non vedere un film dove sono previste botte nello spazio tra John Cena e Vin Diesel, fate voi.

Il fatto che il suo stesso uomo-simbolo, Vin Diesel, nonostante l’immagine da duro, sia sempre stato il primo a non prendersi troppo sul serio, mostrandosi come un cucciolone che balla Katy Perry sui suoi canali social (il video esiste, cercatelo), è l’ennesima prova che la pazza rinascita di F&F è in realtà una delle operazioni più mirate, godibili, e brillanti di Hollywood nei tempi recenti. E di brillantezza il cinema oggi ne ha davvero bisogno.
Al primo F&F manca l’autoironia che renderà intelligenti i sequel, ma è salvato senza difficoltà da un’oggettiva dose di divertimento con zero tempi morti e i suoi personaggi, sufficientemente coatti e carismatici da portarsi sulle spalle un film dallo svolgimento molto elementare e frettoloso con i suoi soli 106 minuti senza annacquamenti che, intendiamoci, per me sono un pregio (odio la tendenza dei film moderni di durare minimo 2 ore e 10 senza vero bisogno), ma forse avrebbe necessitato di un minutaggio leggermente superiore.
Ma il film diverte un mondo, quindi a chi importa davvero della poca durata? La vera chiave è però nei personaggi tutt’altro che complessi ma decisamente azzeccati, abbastanza da far sentire nei sequel l’assenza della Familia, e di Toretto/Vin Diesel in particolare, pesante come un macigno, rendendoli per distacco i più trascurabili. Proprio su Vin Diesel andrebbero spese due parole su quanto sia sottovalutato, e di quanto in generale il carisma degli attori dinanzi alle loro capacità recitative sia visto dai più come un handicap invece che come un’incredibile risorsa, come se risaltare più per la presenza scenica fosse una colpa.

Un criterio folle che se fosse verità non ci avrebbe mai dato Clint Eastwood, per dire. Proprio su questo Vin baserà la sua esplosione con Riddick l’anno prima (altro personaggio tutto carisma), che ne lancerà la carriera e in parte la penalizzerà, dandogli poche opportunità di mostrare quanto vale. Il che è un peccato, visto che Vincenzone di capacità ne ha parecchie, come mostrerà qualche anno dopo sull’ottimo Prova a incastrarmi, diretto nientemeno che da Sidney Lumet.
Il primo F&F non sarà efficace come i capitoli più recenti, ma non è neanche lontanamente tra i meno riusciti (2 e 3 hanno molti più handicap), e a rivederlo 19 anni dopo fa anche un po’ di tenerezza vedere Vincenzone e Paul Walker “accontentarsi” di gareggiare su una strada retta senza mitra, esplosioni, Jason Statham, rampe, The Rock e cassaforti di 10 tonnellate trainate per le strade di LA. La saga parte molto bene, ma avrà giorni più gloriosi, sperando che la vera fine non arrivi tanto presto: leggere ad ogni trailer “Ma davvero la gente si andrà a vedere un film con le macchine che volano in cielo?” non ha prezzo.