Dune è un film interminabile, ne voglio ancora
Domanda: Cos’è “Dune” di Denis Villeneuve?
Risposta: È un film.
Per quanto possa sembrare sciocca la domanda, così come la risposta, non bisogna darla per scontata. Non ho mai letto Dune di Frank Herbert, non ho mai visto Dune di David Lynch, non ho neanche visto l’apprezzatissimo documentario Jodorowsky’s Dune. Ho visto questo film senza sapere nulla, senza documentarmi su nulla e vedendo solo un trailer, per sbaglio, in sala. Perciò abbiate presente che chi scrive questa recensione ha “solo” visto un film, non un adattamento di un libro, non il remake di un film troppo precoce di un regista troppo geniale e neanche un sogno irrealizzato. 0 Bias, 0 Zuccheri.

Il film inizia con schermo nero e un suono associabile ai canti gutturali mongoli, poi il nuovo logo Warner Bros. Perché questo inizio? Cosa ci vogliono dire il regista e il montatore? La risposta giunge con prepotenza: “Appizzate le orecchie!”. La musica, il sonoro, i silenzi (e ce ne sono parecchi) sono fondamentali in questo film. Per me superano addirittura l’imponenza e l’importanza delle immagini e non è una cosa che dico con leggerezza dato che chiunque conosca Villeneuve, sa con che qualità lui costruisce le inquadrature. Allora vai con i tamburi che ti fanno vibrare ossa, canti femminili che ti fanno venire voglia di impugnare una spada (qui chiara l’influenza di JunkieXL), cornamuse spaziali (veramente). Hans Zimmer grazie! Era dai tempi di Interstellar che non ti mettevo in cuffia per sognare…
sognare…
sognare… in DUNE si sogna spesso, il protagonista sogna più o meno il futuro (fa solo quello), la gente di Arrakys sogna la venuta di un messia, la mamma del protagonista sogna che suo figlio sia il messia, il vermone gigante sogna di farsi uno spuntino decente senza doversi mangiare 2 tonnellate di sabbia e sogniamo anche noi mesmerizzati da inquadrature molto arieggianti. Nei dettagli e nei primissimi piani c’è un sacco di spazio, si respira a pieni polmoni acqua, aria e sabbia, veniamo travolti da queste immagini che si infrangono su di noi anche in maniera abbastanza violenta. Da immagini molto scure, che ti costringono a socchiudere le palpebre per definire bene l’immagine, a dei controluce che quasi bruciano gli occhi.

Così infatti si presentano i personaggi, li vediamo piccolini in inquadrature che sono più a favore di ciò che li circonda che al personaggio in sé, infatti io non ricordo un nome manco a pagarlo e a questa problematica si aggiunge anche l’ingombrante faccia degli attori scelti per i ruoli. Tutti super-boni, tutte super-bone, tutti/e super-star, ma allora George Lucas non vi ha insegnato nulla! Io non vedo Paul (i nomi di seguito li ho chiaramente tutti presi dalla pagina wiki del film) ma vedo Timothée Chalamet, io non vedo Jessica ma vedo Rebecca Ferguson, io non vedo il duca Leto ma vedo Oscar Isaac e così via per tutti ruoli.
Sia chiaro, interpretazioni ma-gi-stra-li (eccetto Dave Bautista ma non credo fosse colpa sua quanto del personaggio), che rompono però l’illusione. Si vede il trucco dietro la magia, non ci credi manco per un secondo, però godi, godi perché è tutto in una confezione fatta a regola d’arte. Una confezione che poi quando la prendi in mano ti accorgi che ha il doppio fondo e ti hanno fregato perché solo in mezza confezione c’è la crema idratante che tanto ti serviva, mentre l’altra metà è vuota. È una camera d’aria che gonfia la scatola, la fa sembrare di più di quello che è. Come la seconda parte di questo film.

Laddove la prima parte è ricca (troppo ricca) di informazioni, di trama, di personaggi, la seconda è vuota. Bella da vedere ma appena metti la mano… vuota. Questo film – vi ricordo – è rimasto nel cassetto pronto e finito per più di un anno, quindi quel finale è IL finale, non ci sono scuse che oggi sentiamo spesso: “non c’era tempo”; “la major mi ha costretto”; “divergenze creative”. Quello è IL finale visto, rivisto e approvato, quindi deve essere andata per forza così, non ci sono altre spiegazioni.
Infine il film, come dice il titolo ossimorico, è troppo lungo. La seconda parte è troppo annacquata. Però allo stesso tempo ne vuoi di più, perchè è tutto dannatamente bello e tecnicamente perfetto, ma di quello che succederà nel secondo film te ne frega meno di zero. Quello come si chiama? E quello che c’entra? Su che pianeta siamo? Boh, non mi interessa, i miei occhi e le mie orecchie godono abbastanza da ignorare il cervello.