Cos’è il “fridging” e perché cambiò il ruolo delle donne nei fumetti
Hal Jordan, lo storico Lanterna Verde che andava avanti dal 1956, era morto, seppur in senso figurato. E non da eroe.
Nel tentativo di rilanciare un personaggio che non aveva mai spiccato per grande personalità e che faticava a tenere lo stesso livello di interesse dei colleghi Superman, Batman, Wonder Woman e Flash, nel 1994 la DC decise di rinnovare il marchio cambiando identità a Lanterna Verde.
Non era una novità, per la DC gli anni 90 erano il decennio in cui la maggior parte degli eroi storici aveva lasciato in eredità la propria identità da supereroi ad altri (spesso i loro sidekick). L’addio di tutti questi personaggi era avvenuto in qualche modalità ovviamente epica ed eroica, ma non per Lanterna verde, che seguì uno schema narrativo che qualche anno più tardi sarebbe stato reso più celebre da Darth Fener con la trilogia prequel di Star Wars.
Per la prima volta, infatti, Lanterna Verde non era riuscito a salvare la sua città, Coast City, andata completamente distrutta dal supercriminale Mongul, causando la morte di tutti i suoi 7 milioni di abitanti. Un disperato e depresso Lanterna Verde tentò di far tornare in vita la città usando tutto il potere del suo anello (fonte di tutti i suoi poteri), ma inutilmente, in quanto un’opera così impegnativa avrebbe richiesto maggior potere.
Il senso di impotenza per il fallimento ad aver protetto la sua città gettò Lanterna Verde nello sconforto, fino a sfociare nella pazzia, e sapendo che solo il potere concentrato di tutti gli anelli delle Lanterne Verdi avrebbe potuto resuscitare la sua città, andò alla ricerca degli altri anelli.

Nessuno ovviamente intendeva lasciare un potere così immenso nelle mani di un solo uomo, per lo più uscito di senno, e fu così che Lanterna Verde da eroe si trasformò in pazzo omicida, uccidendo tutte le Lanterne Verdi dell’universo (inclusi i suoi amici più stretti) pur di avere il potere per riportare in vita Coast City, trasformandosi cosi nel superciminale Parallax.

Disperati, i Guardiani (entità galattiche a cui le Lanterne Verdi rendono conto) pur di fermarlo liberarono addirittura Sinestro, la sua storica nemesi. Ma inutilmente, visto che un Lanterna Verde ormai partito di zucca… gli spezzò il collo!
Nell’ultimo disperato tentativo di fermare Parallax, i Guardiani mandarono sulla terra l’ultimo anello rimasto, eleggendo l’ultima Lanterna Verde nella speranza che potesse fermarlo: un giovane fumettista di nome Kyle Ryner. E qui si alzò il polverone.

La morte più sadica e inutile della storia del fumetto
Sin dalla sua primissima apparizione, Kyle Ryner (noto per essere la Lanterna Verde col costume più figo di sempre) viene mostrato come felicemente fidanzato con una ragazza di nome Alex DeWitt. Appena iniziata la sua vita di supereroe, Kyle deve affrontare un cattivone chiamato Major Force, che per vendicarsi di lui… uccide Alex, la fa a pezzi, e la mette nel frigo di casa! Una morte assolutamente inutile, sadica, e a dir poco esagerata.

Sotto certi punti di vista, l’atroce morte di Alex DeWitt è “solo” parte della tendenza dei fumetti dei tempi: gli anni ’90 per i fumetti americani sono infatti noti come il decennio delle esagerazioni, degli estremi fini a sé stessi, e della totale assenza di sobrietà e senso della misura. Qualcuno li amò proprio per questo, e qualcuno li odiò per il medesimo motivo.
Nel 1999, una giovane ragazza di nome Gail Simone lanciò un sito chiamato “Women in refrigerators”, donne nei frigoriferi, un atto d’accusa verso i fumetti americani che prendeva esplicitamente spunto dalla morte di Alex DeWitt per illustrare il problema. Nella tesi del sito, le donne nei fumetti erano ormai ridotte a carne da macello, un mero deus ex machina che tra stupri, morti, violenze, e depotenziamenti subiti, avevano la sola funzione narrativa di dare una spinta motivazionale ai protagonisti maschili, se non creati direttamente con il solo scopo di morire (come Elektra), coniando persino un termine per questa tendenza: “fridging”.

Di contro a questa tesi si potrebbe dire che i supereroi per definizione hanno sempre avuto morti e traumi come spinta motivazionale sin dall’alba dei tempi, a prescindere dal sesso (zio Ben, i coniugi Wayne, Jason Todd, Oliver Queen, Barry Allen, il già citato Hal Jordan), ma d’altro canto che ci fosse un problema era oggettivo, e non era la morte di personaggi femminili in sé, ma il fatto che a morire fossero loro in quanto personaggi più “sacrificabili”, rivelando un problema molto più alla radice delle singole morti.
Di personaggi femminili ce n’erano già parecchi, ma quasi sempre in funzioni di semplici comprimarie, in parte per logiche questioni commerciali (le lettrici femminili ai tempi erano in minoranza, dunque lontane dalla fetta che il mercato cercava di accontentare) e in parte perché semplicemente erano tempi molto diversi.
La Simone, per rendere meglio l’idea della sua tesi, pubblicò sul sito un’impressionante lista con tutti i personaggi femminili che nei fumetti erano stati vittima di fridging, inclusi nomi altisonanti come Batgirl, Supergirl, Betty Ross, Black Canary, Karen Page, Jean Grey, Elektra, e Gwen Stacy (anche se sulle ultime due andrebbe però fatto un discorso a parte), tenendoci sempre a sottolineare come secondo lei i lettori di fumetti fossero sempre prettamente uomini proprio per l’uso che si faceva dei propri personaggi femminili, con un trattamento che non faceva che allontanare le lettrici sul nascere, creando di conseguenza un’altra questione spinosa: sempre meno donne si appassionavano ai fumetti, e di conseguenza sempre meno donne lavoravano nell’industria.
E contando quanto siano aumentate negli ultimi anni le lettrici (e le autrici) di fumetti, non le si può dar torto.

Erano i primi tempi in cui internet iniziava a smuovere le masse e a creare casi mediatici, e il boom del sito obbligò i fumettisti ad un momento di riflessione per capire meglio in che direzione si stava andando e come si potessero migliorare le cose. Qualcuno si era accorto del problema già da un po’, come John Byrne, che nel suo ciclo sui Fantastici 4 all’inizio degli anni ’80 tra le (tante) grandi cose che fece ci fu quella di far uscire la Ragazza Invisibile dal ruolo di “balia” del quartetto, sia formalmente (da “Ragazza” cambiò nome in “Donna Invisibile”) che nella sostanza, facendogli occupare un ruolo sempre più importante, definito, ed equiparabile a quello degli altri tre, per non citare poi tutto il suo lavoro per She-Hulk. Tra l’altro Byrne ebbe occasione di collaborare proprio con la Simone negli anni 2000, anche se al collaborazione non fu delle più semplici a causa del carattere storicamente non facilissimo di Byrne.
Il successo del sito fece infatti stare Gail Simone a contatto con varie personalità del mondo del fumetto, tanto che lei stessa divenne sceneggiatrice, che dopo un primo lavoro per i fumetti de I Simpson, fu ingaggiata persino dalla DC (il più celebre dei suoi lavori è indubbiamente Birds of Prey).

Il vero problema e il falso problema
L’incapacità dei fumettisti di scrivere personaggi femminili adeguati non fu una colpa in senso stretto, non c’era di certo cattiveria o voglia di sminuire il genere femminile, ma fu “solo” la logica conseguenza di un’industria dove una figura femminile era quasi del tutto assente. Dopotutto, e non credo ci sia nulla di sessista nel dirlo, chi più di una donna sa come rappresentare al meglio la sensibilità e le tematiche del genere femminile?
L’argomento sull’uso delle donne nei fumetti si espanse fino a toccare sempre più tematiche, tra cui le accuse di eccessiva sessualizzazione delle supereroine, raffigurate sempre con seni enormi, fianchi ancora più grossi, e in pose ammiccanti. Se sull’uso superficiale del ruolo delle donne nelle storie c’era una assoluta verità, in questo caso il problema era relativamente innocuo: negli anni ’90 il nuovo stile grafico lanciato dai vari Jim Lee, Todd McFarlane, Marc Silvestri (e più in generale dai fondatori dell’Image) e compagnia, lanciò la moda di fisici estremi e ipertrofizzati, con uomini rappresentati come bodybuilder con muscoli grossi come palle da bowling e le donne… beh, idem, ma con i seni.

Dunque il problema (che poi non era un problema, ma solo uno stile grafico esasperato) non era specifico del genere femminile: i supereroi per definizione sono sempre stati raffigurati con fisici perfetti e inarrivabili, volutamente al massimo delle possibilità umane per esaltarne la fisicità (dopotutto anche le tute attillate servivano a questo) a prescindere dal sesso. Si potrebbe fare il noto esempio di Nightwing, da sempre raffigurato in pose ammiccanti per evidenziarne il sedere.
Rappresentare Nightwing con un sedere da bodybuiler è quasi un tormentone, una legge non scritta di casa DC, tanto che i disegnatori da anni ci giocano sopra rendendola praticamente un inside joke tra illustratori.

E a proposito di super-chiappe, ricordate tutti la gag di Endgame sugli Avengers che scherzano sul didietro di Capitan America dicendo che ha “le chiappe più belle d’America”? Difficile pensare a una battuta del genere diretta alla Vedova Nera o a Scarlet senza prospettive di Terza Guerra Mondiale. O il bodyshaming verso Thor grasso, impensabili se diretti verso un personaggio femminile.
Alcuni autori furono inoltre accusati dall’opinione pubblica di avere atteggiamenti sessisti vero i propri personaggi femminili, e tra i vari nomi illustri ci fu anche quello di Frank Miller, accusato di relegare spesso i suoi personaggi ad essere delle prostitute: il caso più famoso fu sicuramente la polemica su Anno Uno, la storia dove Miller ri-narrava le origini di Batman, la sua rappresentazione di Selina Kyle prima di diventare Catwoman, dove veniva mostrata come unA ex prostituta.
Per non parlare di Sin City, dove tutte le donne tendono ad essere piuttosto sessualizzate; o di Karen Page che su Devil: Rinascita viene mostrata come una pornostar eroinomane.

Miller nel parere di chi vi scrive è invece lontanissimo dall’essere un autore sessista, e sono le sue opere a testimoniarlo. Miller è infatti la mente dietro alcuno dei personaggi femminili più amati degli ultimi anni, come Elektra, Carrie Kelly (la Robin de Il ritorno del Cavaliere Oscuro), o Lara Kent, la figlia nata da una storia tra Superman e Wonder Woman nei sequel de Il ritorno del Cavaliere Oscuro. Senza contare che, sempre nella relazione tra Superman e Wonder Woman, Miller rappresenta proprio Diana come l’elemento “dominante” della coppia. Sin City è invece un esplicito omaggio al noir e ai romanzi hard boiled anni ’40 tanto amati da Miller, dove le donne storicamente avevano la funzione di femme fatale e traditrici.
Senza contare che le donne di Sin City sono tutto tranne che personaggi passivi. Ma torniamo al problema vero.

Il problema odierno è: come si distingue una scelta narrativa dal fridging?
Ora che sono passati più di 20 anni da Alex DeWitt, si può sicuramente valutare con più lucidità quando una morte è dettata da una precisa scelta narrativa e quando invece sfiora il fridging. Di tutti i casi assolvibili da tali accuse probabilmente il primo che viene in mente è proprio quello della morte di Gwen Stacy, che meriterebbe in realtà un capitolo a parte piuttosto che essere ridotta a mero fridging.
Gwen Stacy nasce nel 1966, ben 6 anni prima della sua morte. L’intenzione di Stan Lee ai tempi era di renderla la ragazza fissa di Spider-Man, un po’ come Lois Lane per Superman, senza però fare i conti col fatto che ai lettori il personaggio di Gwen non faceva impazzire per il suo carattere troppo angelico, innocente e buono, preferendogli la più sfaccettata Mary Jane (Lee stesso cercò inizialmente di “pilotare” la preferenza dei lettori verso Gwen chiedendo a John Romita di dare a MJ dei capelli che la rendessero meno attraente e dandogli un carattere più frivolo e superficiale).
La morte di Gwen Stacy è considerata storicamente come uno degli eventi più sconvolgenti della storia del fumetto, la perdita dell’innocenza del fumetto americano, un vero e proprio spartiacque che rese le storie di supereroi sempre più crude, realistiche, e tragiche. Prima di Gwen i personaggi condannati a passare a miglior vita non erano mai comprimari o parte del cast fisso, ma personaggi concepiti solo in funzione della loro morte (come zio Ben, o i genitori di Bruce Wayne): uccidere un personaggio ricorrente era semplicemente inconcepibile.
Il trauma di una perdita così shockante e inaspettata non poteva essere incarnata da nessun altro personaggio oltre che l’interesse amoroso, e basta fare una sfoltita dei comprimari del Ragno per accorgersene.

La copertina del numero in cui Gwen Stacy trovò la morte è tutt’oggi una delle più iconiche del personaggio, con Spider-Man che “sente” che uno dei volti davanti a lui morirà, senza sapere chi. Provate a immaginare se a trovare la morte fosse stato un altro personaggio al posto di Gwen, nessuno potrebbe aver avuto lo stesso impatto emotivo. Forse solo Betty Brant sarebbe stata equiparabile, in quanto (di nuovo) ex interesse amoroso.
Eppure, non è raro sentire tutt’oggi una morte femminile venir accusata di fridging. Di certo è un argomento così delicato (soprattutto considerando quanto nel mondo reale il femminicidio sia una realtà) che non si può pretendere che almeno nel mondo del fumetto vada tutto rose e fiori quando si tratta di decisioni simili. Nel clima odierno è sempre più difficile dare giudizi equilibrati, sia per chi da una parte svilisce il problema trattando i personaggi femminili come carne da macello, sia per chi è pronto a gridare al fridging alla prima morte dettata per semplice scelta narrativa, con ogni caso che va analizzato singolarmente per sperare di non rovinare o esasperare i vari progressi fatti negli anni.
Quel che è certo è che l’utilizzo dei personaggi femminili è decisamente cambiato e migliorato dalla famosa morte di Alex DeWitt, passando per la riabilitazione di vecchi personaggi freschi di nuova popolarità (come Barbara Gordon, più importante da Oracle che da Batgirl, o Scarlet, o Miss Marvel, che dalla metà degli anni 2000 crescerà sempre più in popolarità fino a toccare l’apice nell’ultimo decennio con la “promozione” a Capitan Marvel) o la creazione di nuovi (Jessica Jones, Kamala Khan). Si può fare di meglio? Sicuramente sì, l’importante sarà arrivare a un punto dove fridging e scelta narrativa saranno ben distinguibili.