Abbiamo ricontrollato: il film di Dylan Dog è ancora brutto

Quando uscì il film di Dylan Dog avevo 15 anni ed ero all’apice del mio fanboysmo per il fumetto di Tiziano Sclavi. Lo avevo appena scoperto, in realtà, con Memorie dall’invisibile (da molti considerato il capolavoro di Sclavi), ed ero impazzito.

All’epoca leggevo solo roba Marvel e DC, e con Dylan mi si aprì un mondo: la scrittura di Sclavi era diversa; citazionista, quasi post-moderna in superficie (non mancavano ostentate citazioni cinematografiche a classici horror), divertente ma sempre intrisa di amare riflessioni a cui non ero assolutamente abituato.

Le paghette finivano dritte in fumetteria, dove azzuffavo quante più ristampe possibili. Ero un novellino e già pretendevo di fare il purista, quando uscì il film. Un film che poi non è piaciuto a nessuno, ma che per me era diventato un nemico giurato prima ancora del suo arrivo: New Orleans invece che Londra??? Niente Groucho??? Dylan Dog lo fa il tizio di Superman Returns???

Poi l’ho visto. Come pensate che sia andata? Sono uscito dal cinema indignato esattamente come c’ero entrato. In seguito sono andato avanti e mi sono scordato dell’esistenza di quella specie di episodio lungo di Buffy l’ammazzavampiri misto a Constantine misto a Underworld misto a Van Helsing e tanti saluti, finché più di dieci anni dopo qui su 6 e mezzo (tra i pochi siti al mondo a parlare di Cinema) non abbiamo deciso di parlare di adattamenti cinematografici da fumetti nostrani.

Quindi, anche se di fatto abbiamo trattato solo produzioni italiane e questo è stato girato in America, è pur vero che Dylan Dog è uno dei nostri fumetti più popolari, belli e importanti. Potevamo saltare questo film a piè pari, ma ero sinceramente curioso di rivederlo oggi, facendo pace con i suoi limiti e cercando di godermelo non in quanto film di Dylan Dog ma in quanto cafonata coi mostri.

Dylan Dog – Il film (in patria Dylan Dog – Dead of Night) è curiosamente prodotto da Gilbert Adler, nome tra i tanti a cui dobbiamo I racconti della cripta e che era – manco a farlo apposta – tra i produttori di Constantine. E anche di Superman Returns (film sottovalutato, se lo chiedete a me), il che spiega la presenza di Brandon Routh (il fu Superman) nel ruolo di Dylan e Sam Huntington (il fu Jimmy Olsen) nel ruolo della sua spalla comica Marcus, improbabile sostituto di Groucho (che viene citato più di una volta a mo’ di “contentino”). A dirigerli c’è Kevin Monroe, regista specializzato in animazione (suo TMNT, film su Le tartarughe ninja che invero non mi dispiacque) e qui al suo primo (e ultimo) film live-action.

Dunque. Il film inizia con una scena horror in cui viene introdotta la bella di turno, interpretata da un’attrice notevolmente incapace. Il suo nome è Anita Briem e ha fatto giustamente poche cose. In questa scena le muore il padre, ucciso da un licantropo, e lei reagisce con un’indifferenza che dà da pensare. Non potevano chiederle almeno di urlare come in un qualunque horroraccio direct-to-video? Ma qualcuno ci teneva a questo film? La scena sembra una parodia, e aprire con qualcosa di così sciatto già non è che sia proprio il massimo.

Poi arriviamo a Dylan, interpretato da un Brandon Routh ingessato e fuori parte (ma a me fa simpatia, non so a voi). Il personaggio ci viene presentato schiaffando in bella vista alcuni elementi iconici del fumetto: la camicia rossa, il clarinetto, il modellino di galeone. Scopriamo però presto che sono dettagli per assicurarsi una fedeltà solo di facciata, e il film ci mette di fatto pochi minuti a rivelare la sua vera natura: sorpresa, non è un film di Dylan Dog! Dylan è solo un banale cacciatore di mostri (esattamente ciò che non è nei fumetti, dove anzi è un antieroe complesso e sfaccettato) e il film è un comunissimo horror per adolescenti, con faide tra vampiri e licantropi, qualche battutaccia e scene action/horror tamarrissime.

Volendo quindi prenderlo per quello che è, senza chiedergli di essere quel che non potrà essere mai, ci rimane almeno un film guardabile?

Beh, mettiamola così: no. Però vi giuro, so che suonerà assurdo, ma qualche spunto non gli manca. O meglio, sarebbero idee carine se destinate a un film diverso da questo, tipo una black comedy: parlo della storyline di Marcus, la già citata spalla comica di Dylan, che si trasforma suo malgrado in uno zombie “cosciente”.

Alcune trovate fanno pensare all’umorismo nero di roba come Beetlejuice (che viene brevemente citato in una scena ambientata in un “outlet per zombie”), ma per quanto discrete stonano col resto, perché il resto purtroppo è un’immondizia derivativa che sì, non annoia (anche se si rinuncia presto a seguire la trama, tanto è insulsa), ma nemmeno riesce a costruire un immaginario vagamente interessante, fedele o meno ai fumetti. Al finale – dopo uno showdown imbarazzante – si arriva con una sensazione di vuoto e sconforto davvero inenarrabile.

E no, rivedendolo ho scoperto che gli anni non hanno ucciso il fan amareggiato, quello che sa che un film di Dylan Dog fatto a modo potrebbe davvero essere una bella esperienza cinematografica, posto che le vette poetiche toccate da Tiziano Sclavi non sono sicuramente facili da bissare. Ora il personaggio è nelle mani di James Wan, di cui non è che mi fidi poi tanto più che di questa gente qui (è bravissimo ma è un altro tamarro). Speriamo. Comunque vada, avremo sempre Dellamorte Dellamore.

Eddie Da Silva

Killer professionista in pensione.

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