20 anni di Ultimates
Nel 2000 la società occidentale sembra essersi riavviata da zero, con la più grande rivoluzione geopolitica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale avvenuta in meno di 10 anni. Tra il 1989 e il 1999 infatti cambia tutto: nel 1989 la Germania è divisa in due Stati distinti, la Jugoslavia ancora contiene tutti i popoli balcani, l’Unione Sovietica è lì in piedi, e ogni Stato europeo ha la sua moneta. 10 anni dopo, nel 1999, i muri sono caduti: niente Cortina di Ferro, la Germania è una sola, l’Unione Sovietica non esiste più, la Jugoslavia neanche, la guerra fredda è un ricordo, e l’Euro entra ufficialmente nel mercato unendo l’Unione Europea ancor di più (diverrà poi l’unica valuta a partire dal 2002). Un nuovo mondo, più unito e globalizzato che mai.
Un nuovo mondo in cui la Marvel sembra ancora non essersi immersa. Al contrario della DC, la Marvel non aveva mai avuto un reboot che attualizzasse i propri personaggi ai cambiamenti del mondo. O meglio, un tentativo ci fu nel 1996 con Heroes Reborn, ma fu un tale flop che tutti fecero finta non fosse mai avvenuto.

Un secondo tentativo (che stavolta fu un successone) fu fatto con l’universo Ultimate, iniziato nel 2000 con Spider-Man, proseguita all’inizio del 2001 con gli X-Men, e destinata a investire anche i Vendicatori, che avrebbero fatto il loro debutto Ultimate tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002.
Riavviare i Vendicatori nel Terzo Millennio
Nel 2001 i Vendicatori erano in una fase di stallo, parecchio indietro nell’interesse dei lettori rispetto a nomi più caldi come Spider-Man o gli X-Men (motivo per cui vennero chiamati con un più fresco “Ultimates” invece di Ultimate Avengers), ma il lancio di un nuovo universo da zero senza di loro era comunque impensabile.

“Ho fatto Ultimates perché volevo scrivere un film sui Vendicatori. Perché non ci sarà mai un film dedicato ai Vendicatori.” Questo disse Mark Millar 20 anni fa. Una dichiarazione perfettamente sensata ai tempi, molto diversi e più rischiosi per i cinecomic, ma decisamente ironica oggi, considerando il colosso che è diventato l’MCU, e ancor di più ironico se si pensa a quante intuizioni sempre l’MCU prenderà in prestito da Ultimates, dai costumi, agli spunti di trama (come Iron Man in preda agli attacchi di panico dopo lo scontro coi Chitauri, o Bruce Banner gettato da un aereo per essere “innescato”).
Millar all’epoca era anche lo scrittore Ultimate X-Men, serie per cui aveva già optato per un taglio cinematografico grazie anche alla sua “formazione” sui personaggi (Millar conosceva poco o niente gli X-Men, e per la serie Ultimate si basò principalmente sul film di Bryan Singer). Per Ultimates questo approccio sarebbe stato ancora più radicale, dividendo la storia in “stagioni”(Ultimates 1, Ultimates 2), ognuna con una struttura filmica (inizio, sviluppo, conclusione) come se si trattasse di una serie di film autoconclusivi.

La divisione in stagioni fu anche un modo per venire incontro ai tempi di Bryan Hitch, famoso per il suo stile fotorealista tanto bello quanto dispendioso e lento per la consegna delle scadenze. Disegnando Ultimates, oltre al cercare un estetica “realistica” e cinematografica per i Vendicatori (prediligendo per la divisione della pagina vignette vicine al 16:9 cinematografico), Hitch aveva anche il compito di svecchiare l’aspetto dei Vendicatori, tendenzialmente ancora fermo agli anni ’60. Grazie soprattutto al successo di Matrix, l’estetica cool di inizio anni 2000 è caratterizzata da latex e pelle nera: una tendenza da cui furono investiti anche i pochi supereroi presenti al cinema in quel periodo (Blade, che nel 1998 anticipò parte dell’estetica di Matrix, ma soprattutto X-Men, che nel 2000 influenzò gli standard estetici di Ultimate X-Men stesso).

Il Terzo Millennio chiedeva costumi più realistici e plausibili, complice anche l’avanzata sempre più massiccia dei supereroi nel mondo reale tramite i rispettivi film (come la tuta paramilitare del Goblin di Willem Dafoe, o il giubbotto da motociclista del Devil di Ben Affleck): ora anche i costumi dovevano essere cinematografici, e non è un caso che 10 anni dopo l’MCU prenderà completamente spunto dall’estetica di Ultimates per i costumi dei loro Avengers.
Ecco dunque che Occhio di Falco, Giant Man, e Wasp abbandonavano i loro sgargianti costumi per delle sobrie tute in pelle dai colori più spenti, l’armatura di Iron Man appariva come un vero esoscheletro, più robotico che umano, mentre quella di Capitan America era essenzialmente un’uniforme militare. Stilizzata, ma pur sempre militare: colori più spenti, cintura multiuso, scarponi, simboli militari (lo stemma sui deltoidi rappresenta il grado di Capitano dell’esercito), e successivamente anche il sottogola tipico degli elmetti da soldato, praticamente una modernizzazione del suo “costume” degli anni ’40: anche qui non un costume, ma un’uniforme, con una sola maschera e uno scudo in più.
Perché il Capitan America di Ultimates non è un ex soldato della Seconda Guerra Mondiale, è ancora un soldato.

L’iper-militarizzazione di Ultimate Capitan America è una voluta rappresentazione del suo tempo: Millar voleva modernizzare i Vendicatori fondendoli con la vera politica internazionale, e non è un segreto che quello del 2001 sia un mondo in guerra che affronta le prime conseguenze dell’11 settembre. Millar iniziò ponendosi la madre delle domande: “Se Capitan America fosse stato scongelato nel 2001 invece che nel 1964, sarebbe stato lo stesso?”. La risposta ovviamente era no.

L’America degli Ultimates
L’11 settembre fu tutto tranne che un fulmine a ciel sereno: seppur parecchio al di sotto della soglia d’attenzione del cittadino americano medio, Osama Bin Laden era un nome già piuttosto noto ai media: Bin Laden era infatti nella famigerata lista dei “10 uomini più ricercati d’America” dell’FBI già dal 1998 in seguito agli attentati alle ambasciate americane in Tanzania e Kenya. Ma il popolo americano diede poca importanza alla cosa, troppo distratti dalle faccende rosa della Casa Bianca, dove era da poco esploso il sex-gate di Monica Lewinsky (gli attacchi alle ambasciate americane avvennero nell’agosto 1998, lo stesso mese in cui Clinton ammise ufficialmente di aver avuto un affaire con la Lewinsky), mentre alla fine dello stesso anno la CIA riporta forti sospetti di imminenti attentati firmati Al Qaida all’interno del territorio statunitense.

Le stesse Torri Gemelle erano già state vittime di un attentato nel 1993, sempre di stampo talebano (l’ideatore fu Ramzi Yusuf, nipote di Khalid Shayk Muhammad, futura mente dietro l’11 settembre). L’attentato del 1993 fortunatamente non raggiunse il suo scopo per un errore di calcolo, che sarebbe stato ben più macabro di quello che si vedrà l’11 settembre, così apocalittico da sembrare ideato dal Dr. Destino o da Roland Emmerich: l’obiettivo era infatti far esplodere un furgone-bomba sulle fondamenta del World Trade Center in modo da far crollare una Torre addosso all’altra, uccidendo tutte le 100.000 persone al loro interno. Se l’11 settembre fece “solo” 2977 vittime ufficiali, si stima che il mancato attentato del 1993 tra Torri, cittadini in strada, ed edifici circostanti, ne avrebbe fatte quasi 250.000.
Nell’universo classico Capitan America si era già rapportato ad una “nuova” guerra, il Vietnam, ripudiandola in ogni modo. Ma al contrario del Vietnam, la guerra in Afghanistan è – almeno in quella fase – piena di consenso pubblico a causa dell’attacco subito nei propri confini. Il popolo americano si percepiva come povera vittima di un conflitto dove i talebani erano quasi nati per odiare gli Stati Uniti, e non la conseguenza di un sottobosco che gli americani stessi avevano aiutato e armato vent’anni prima, quando aiutarono quegli stessi talebani per contrastare l’invasione sovietica in Afghanistan iniziata nel 1979, convertendo i loro vecchi e antiquati fucili d’epoca in Stinger e AK-47.

Dopo l’11 settembre succede tutto molto in fretta: il 14 settembre la Camera dei Rappresentanti improvvisa una legge per poter dare pieni poteri a Bush senza l’approvazione del Congresso; il 15 viene invocato il Consiglio di Guerra; il 16 USA Today registra un aumento di consenso per Bush dell’86% (una manna dal cielo, visto che dopo i primi 9 mesi presidenziali la sua popolarità era in caduta libera); il 20 Bush manda un ultimatum ai talebani; mentre il 7 ottobre, a meno di 1 mese dall’attentato, le truppe americane entrano in Afghanistan, che in quel momento non è un vero Stato – non ha neanche un Governo ufficiale – ma più una terra di nessuno tenuta in ostaggio dai talebani.
Ai (pochi) contrari la guerra in Afghanistan appare più un’azione da Far West che da Paese civile, e il clima intorno sembra più quello di una vendetta camuffata da legittima difesa (il democratico Charlie Northwood nel suo discorso ufficiale alla Camera si improvvisò John Wayne avvertendo i terroristi con un sobrio e americanissimo “Stiamo venendo a prendervi, e porteremo la furia dell’inferno con noi“). Poteva sottrarsi ad una vendetta come la guerra in Afghanistan un super-gruppo chiamato “I Vendicatori”? E il Capitan America del 2001 sarebbe andato controcorrente come ai tempi del Vietnam, o sarebbe stato sedotto anche lui dalla guerra al terrore?

Ultimates 1
Il primo numero di Ultimates esce il 29 gennaio 2002, 4 mesi dopo l’11 settembre e 3 dopo l’approdo in Afghanistan, quando “antiterrorismo” e “prevenzione” sono già parole onnipresenti in tutti i media. E il tema della prima stagione di Ultimates è proprio “prevenzione”: se i Vendicatori originali erano un gruppo di eroi formatosi spontaneamente, indipendente da terzi e autofinanziato da Tony Stark, gli Ultimates sono una task force creata ad hoc dal Governo americano come misura anti-terroristica, un gruppo fatto di super-soldati finanziato dallo Stato al solo scopo preventivo. Gli Ultimates non sono eroi, sono soldati figli della paranoia post-11 settembre, ognuno col suo lato oscuro. A partire da Bruce Banner.

Su Ultimates non sono stati i raggi gamma a trasformare Banner in Hulk, ma un tentativo (fallito) di replicare il siero del super-soldato di Capitan America. All’inizio di Ultimates Bruce Banner non si trasforma nel suo alter ego verde da mesi, eppure in fondo (ma neanche troppo in fondo) a Banner i suoi momenti da Hulk mancano, visto che sono gli unici in cui è temuto da tutti, al contrario del debole e gracile Banner schernito e preso in giro dai suoi stessi compagni, come si può vedere in una delle scene più celebri di Ultimates: quella in cui il gruppo, sentendo voci di un’imminente film basato su di loro, si sbizzarisce in fanta-casting di un certo prestigio (per Steve Rogers, qualcuno opta per Brad Pitt, per Hank Pym Matthew McConaughey, mentre per Nick Fury Samuel L. Jackson con 6 anni d’anticipo rispetto al MCU), mentre per Bruce Banner tutti suggeriranno nomi improbabili come Woody Allen o Stuart Little (!).

Al contrario della versione classica dove il gigante verde è soltanto una maledizione, su Ultimates Hulk è un egoistico riscatto per il mite Bruce Banner, tanto che per potersi finalmente sentire di nuovo vivo, Banner si trasformerà volontariamente in Hulk, distruggendo tutta Manhattan prima di essere fermato da Capitan America, Thor, Iron Man e… un topless di Wasp.

Banner in seguito si giustificherà sostenendo di averlo fatto solo per “dare agli Ultimates qualcosa per cui unirsi e combattere”, mentendo anche a sé stesso. In effetti il problema Hulk unirà per davvero gli Ultimates… almeno per qualche ora. Hulk infatti non è l’unico elemento disfunzionale del gruppo, visto che Giant Man/Hank Pym e sua moglie Wasp saranno protagonisti dell’episodio di violenza domestica più celebre dei fumetti.

Un episodio per cui Capitan America darà la caccia ad Hank Pym, che per difendersi diventerà grosso 20 metri. Il risultato? Cap lo manderà all’ospedale comunque.
Da bravo super-soldato Capitan America, nonostante alcuni momenti di umanità (soprattutto con Bucky e Gail, la sua vecchia ragazza degli anni ‘40, ormai entrambi anziani nonché unici amici ancora vivi di Steve), su Ultimates ha un senso morale decisamente volubile a seconda degli ordini che riceve: colpisce spesso per primo, prova un certo piacere a menar le mani, non mette mai in discussione neanche le più controverse decisioni governative, e uccide addirittura.

Queste fragilità interne al gruppo fanno apparire gli Ultimates appaiono molto più umani dei Vendicatori, ma nel senso meno nobile del termine. Se per “supereroi umani” la Marvel aveva sempre abituato a personaggi fragili, sensibili, per cui provare empatia, essere umani rende gli Ultimates gelosi, paranoici, meschini, umorali, frustrati, e invidiosi tra di loro.

In questo clima, gli unici personaggi davvero positivi sono solo Tony Stark (qui in una versione che anticiperà di qualche anno il Tony Stark di Robert Downey Jr.) e Thor, probabilmente l’elemento più atipico del gruppo. Se gli Ultimates sono il braccio armato dell’imperialismo americano, al contrario Thor è un liberale, no global, un po’ hippie, un pacifista in un mondo di soldati, ma che sia davvero il Dio del tuono o solo un mitomane affetto da schizofrenia (come sospettato da tutti gli altri) nella prima stagione non è mai chiarito.

Alla fine Thor sarà una specie di free agent, si unirà agli Ultimates solo nei momenti di massimo bisogno, senza però mai esserne vincolato, continuando a ritenerli un gruppo di picchiatori fascisti a cui prima o poi verrà chiesto di intervenire in Afghanistan in nome del governo Bush.
Rispetto alla versione classica, la storia di Ultimate Thor ha molti (espliciti) paralleli cristologici: qui Thor è rappresentato come un Messia, con tanto di discepoli e apostoli, venuto sulla Terra per salvare il mondo non dai supercriminali, ma dall’imperialismo, il capitalismo, le guerre, lo status quo, la diseguaglianza… e da gente come gli Ultimates.

Per gli Ultimates Millar attua inoltre la “lezione” impartita da Stan Lee 40 anni prima: fondere i propri personaggi col mondo reale. Su Ultimates Tony Stark viene intervistato da Larry King, esce con Cameron Diaz e Shannon Elizabeth, Betty Ross frequenta Freddie Prinze Jr., e il Presidente stesso non è un generico politico di fantasia ma George W. Bush in persona. Millar rese gli Ultimates anche più multietnici, rendendo Nick Fury afroamericano e Wasp asiatica: un’apertura che, se rapportata all’inclusività a cui siamo abituati oggi, potrebbe sembrare piuttosto timida, ma che fu comunque un primo importante passo verso una rappresentazione più realistica dell’America del 21° secolo.
In questo clima “reale” l’11 settembre, l’Afghanistan, o Al Qaida non vengono mai nominati esplicitamente, ma la loro presenza è comunque palpabile e onnipresente, un elefante nella stanza rievocato tramite immagini ed episodi paralleli che accomunano il mondo reale da quello degli Ultimates (la messa celebrativa delle vittime di Hulk si tiene alla cattedrale di San Patrizio, la stessa dove si tenne quella dell’11 settembre, in un clima di lutto cittadino molto simile).

Pur mostrando un cinismo e un ambiguità morale poco usuale per il mondo dei supereroi, la presenza di un vero villain come i Chitauri fa rientrare a suo modo Ultimates 1 nei canoni supereroistici “classici”, dove i buoni e i cattivi hanno contorni abbastanza riconoscibili, seppur più ambigui. Gli Ultimates stessi non si fanno problemi a scendere a patti col diavolo e collaborare con i terroristi (in questo caso con Quicksilver e Scarlet, ancora legati alla Confraternita dei Mutanti di Magneto, che nell’universo Ultimate ha un ruolo molto simile all’Al-Qaida del mondo reale) per contrastare un male più grande. Il “male più grande” in questo caso sono i già citati Chitauri, alieni mutaforma creati come equivalente Ultimate degli Skrull, celebri per la loro trasposizione sul film degli Avengers (seppur in una versione molto diversa).
Nella prima stagione gli Ultimates non sono esattamente dei buoni, ma da fuori non appaiono neanche come dei cattivoni assoluti. Non sono eroi, sono “il meno peggio”, un’ambigua sfumatura di grigio che fa di tutto per non essere mai bianca.

Un po’ come la percezione di cui godeva l’esercito statunitense dell’epoca. Tra il 2001 e il 2002 infatti, in Afghanistan qualcosa di buono inizialmente si vide pure, visto che rispetto ai talebani e Al Qaida l’esercito USA sembrava la Croce Rossa (prima dell’arrivo degli USA il talebani controllavano il 90% dell’Afghanistan). Per un periodo gli USA potevano ancora apparire come i “buoni”: parole come “Guantanamo”, “waterboarding”, “Nigergate”, e “Patriot Act” erano ancora sconosciute, ma avrebbero presto cambiato la percezione dell’intervento americano in Medio Oriente, e Millar avrebbe adattato gli Ultimates di conseguenza.
L’America di Ultimates 2
Mentre Ultimates è alle sue prime uscite in edicola, la guerra in Afghanistan prende degli importanti sviluppi, con gli Stati Uniti che nel tardo 2002 mettono le basi per un conflitto parallelo: la guerra in Iraq. Le principali accuse che Bush smuove verso l’Iraq di Saddam Hussein è di dare asilo ad Al Qaida e di produrre per loro delle fantomatiche armi di distruzione di massa. Al contrario dell’Afghanistan, un intervento in Iraq non trova consenso internazionale, apparendo a tutti come una guerra inutile, dettata solo da secondi fini e paranoici sospetti senza un valido motivo, vista la totale assenza di prove.

La stessa esistenza delle “armi di distruzione di massa” irachene sbandierate da Bush è fortemente messa in dubbio e ritenuta campata per aria persino dall’intelligence americana, mentre la parola divenne una specie di tormentone: non vi era una singola conferenza stampa del Presidente tra il 2002 e il 2003 che non contenesse almeno una decina di “weapons of mass destruction” (che fu anche eletta “Parola dell’anno 2002”).
Contemporaneamente, tra il 2002 e il 2004 la Commissione d’Indagine sui fatti dell’11 settembre ricostruisce la cronologia di eventi che ha portato all’attentato concludendo, nel suo rapporto finale, che l’11 settembre poteva benissimo essere evitato, e che fu anche colpa del Governo americano: di Bush, che sottovalutò i dossier dell’antiterrorismo che avevano già previsto attacchi talebani all’interno degli States entro l’anno, ma anche di FBI e CIA, incapaci di collaborare tra di loro e scambiare informazioni preziose. Gli attentatori avevano infatti organizzarono gli attentati tra il 2000 e il 2001 addestrandosi e prendendo lezioni di volo non nel lontano Afghanistan, ma nelle americanissime San Diego, Los Angeles, Newark, e Venice. Praticamente l’11 settembre agli Stati Uniti era stato preparato sotto il naso, nonostante Bin Laden fosse l’uomo più ricercato d’America già dal 1998.

Il clima di commozione collettiva post-11 settembre non bastava più: gli USA persero una presunta innocenza mai avuta anche agli occhi di chi vedeva nel conflitto in Afghanistan un semplicistico “buoni contro cattivi”, e la popolarità di Bush nel mondo crollò vertiginosamente. Ma non negli Stati Uniti, dove grazie a un clima di terrore creato ad hoc dai mass media viene persino ri-eletto per un nuovo mandato nel 2004.

La guerra in Iraq apparve a tutti come una delle guerre più inutili mai concepite, un nuovo Vietnam dal consenso pubblico ai minimi storici, e ora l’intervento americano in Medio Oriente mostrava i suoi lati più tenebrosi, con le teorie del complotto che tornarono di gran moda.
Ultimates 2
Ed è proprio in questo contesto che si svolge la scena d’apertura di Ultimates 2, con Capitan America in missione ufficiale in Iraq.

Una scena piuttosto esplicativa su cosa è successo tra Ultimates 1 e Ultimates 2: ora i super-soldati vengono usati per faccende di politica estera. L’intervento di Capitan America in Iraq creerà una spaccatura tra gli Ultimates e Thor, che per non sentirsi una marionetta del governo Bush abbandonerà il gruppo. Ad aumentare la controversia sui super-soldati c’è anche il fatto che persino l’Europa si sta attrezzando di super-soldati nazionali, come Capitan Bretagna, Capitan Francia, e persino un Capitano Italia!

Su Ultimates il siero del super-soldato, e più in generale i super-umani, sono l’arma del domani: un equivalente moderno degli armamenti atomici degli anni ’40 e ’50: il Progetto Rinascita (nome in codice del siero di Capitan America) è il nuovo Progetto Manhattan (nome in codice della prima bomba atomica americana), e il parallelo diventa ancora più evidente nei titoli scelti da Millar, come “Individui di distruzione di massa” (citando l’ormai celebre “armi di distruzione di massa” di Bush) o “Come imparai ad amare Hulk” (come “Il Dr. Stranamore o: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba”). La ricerca di super-soldati protettori della Nazione da impiegare in guerra è la nuova corsa agli armamenti nucleari di mezzo secolo fa, tanto da scatenare manifestazioni e proteste in tutto il mondo (di cui una a Roma, dove Thor difenderà dei manifestanti dalle cariche dei Carabinieri).

Su Ultimates 2 il parallelo con l’intervento americano in Medio Oriente è molto più esplicito che nella prima stagione: gli Ultimates infatti intervengono in Iraq perché sospettosi si stia attrezzando con “individui di distruzione di massa” (ergo i super-soldati), esattamente come nella realtà gli USA intervennero per le famose “armi di distruzione di massa”.
Contemporaneamente, una fuga di notizie sconvolge gli Ultimates, con tutti i media che vengono a conoscenza della vera identità di Hulk. Il fatto che la causa della distruzione di Manhattan sia stato un esperimento governativo fallito mette in imbarazzo sia gli Ultimates che lo stesso Bush, che trovano nella pena capitale l’unica soluzione per accontentare la Nazione. Ed è così che Bruce Banner viene giustiziato (almeno apparentemente, visto che verrà subito chiarito essere ancora vivo e in circolazione) per tenere a bada le polemiche.

Gli Ultimates incolperanno della fuga di notizie proprio Thor e la sua attitudine anarchica/anti-governativa, finché indagando a fondo su di lui non scopriranno la verità: Thor non è né un Dio né il figlio di Odino, ma un mitomane schizofrenico che ha ottenuto i suoi poteri rubando il vecchio progetto norvegese per il super-soldato. Mjolnir stesso non è un martello magico, ma tecnologia militare trafugata.
A questo punto, gli Ultimates arresteranno e “tradiranno” Thor, e qui paralleli con la Passione di Cristo traboccheranno (il numero dove gli Ultimates arresteranno Thor infatti si chiamerà proprio “The Passion”). Ormai inerme e prigioniero dello SHIELD, Thor sosterrà che all’interno degli Ultimates si nasconde una talpa, che con l’aiuto di suo fratello Loki sta agendo per dividerli e confonderli, mettendo persino in dubbio che lui sia il vero figlio di Odino. Nessuno ovviamente gli crederà, considerando Loki nient’altro che una fantasia di Thor (e in effetti inizialmente neanche ai lettori verrà rivelata quale delle due sia la verità).

Ma Loki esiste davvero, e dopo Hulk e Thor il prossimo obiettivo è Occhio Di Falco, che sarà vittima di una delle scene più brutali della storia della Marvel: quella dove un plotone di mercenari, guidati dalla talpa (che si scoprirà essere la Vedova Nera) sterminerà tutta la sua famiglia, inclusi i suoi figli piccoli, davanti ai suoi occhi. Persino Capitan America verrà “fatto fuori”, con Loki che userà l’inganno per farlo credere responsabile della strage della famiglia di Occhio di Falco.

Loki muoverà anche i fili per la creazione dei Liberatori, un gruppo nato come risposta agli Ultimates, composto da super-soldati provenienti da alcuni dei Paesi orientali più ostili (o oppressi) dagli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale come Russia, Corea del Nord, Iran, Siria, o Cina. Lo scopo dei Liberatori è semplice: fare un colpo di stato all’interno degli USA attaccando le loro principali metropoli senza gli Ultimates a proteggerle. E la cosa assurda è che i Liberatori non sono dei villain, ma delle vittime.

Il loro scopo infatti è infliggere a Washington lo stesso male che gli USA hanno fatto in Medio Oriente, con le stesse modalità: dai bombardamenti, all’imposizione dei propri leader per trasformarli in Stati-satellite, alla propria democrazia esportata (una volta preso il possesso di New York i Liberatori ironizzeranno tra loro “Potremmo dargli libere elezioni. So che si sono contestazioni sulla legittimità del loro attuale cesare”, riferendosi all’elezione di Bush del 2000, probabilmente truccata).
Il leader in costume dei Liberatori è il Colonnello, alias Abdul Al-Rahman, giovane contadino dell’Azerbaigian, che dopo aver visto invadere il suo Paese da Capitan America e dall’esercito USA a soli 17 anni si è offerto come cavia per la creazione del primo super-umano del Medio Oriente.

Pur apparendo solo per una manciata di numeri, Abdul è uno di personaggi più interessanti degli ultimi 20 anni. Giunto a New York per il colpo di Stato, Abdul avverte Loki e i Liberatori di “non uccidere i civili. Il popolo americano non deve pagare i crimini del suo governo”, dimostrandosi persino più umano di quanto non abbiano fatto l’esercito yankee in casa sua… perché Abdul non solo non è un vero cattivo, ma un rivoluzionario, e per certi versi è il vero eroe di Ultimates 2: un gracile ragazzino che vuole difendere il suo Paese dallo straniero invasore senza uccidere innocenti, esattamente come fece Steve Rogers 60 anni prima per fermare l’avanzata nazista.

Un parallelo in cui Steve Rogers si rispecchierà e a cui non resterà indifferente. Ma alla fine Capitan America ucciderà comunque Abdul senza tanti complimenti, perché Ultimate Capitan America è innanzitutto un soldato progettato per eseguire gli ordini, non per pensare.

Sul finale Thor e Hulk torneranno per aiutare gli Ultimates a contrastare Loki, i Liberatori verranno tutti uccisi in un epico scontro finale a Manhattan, e Occhio di Falco vendicherà la sua famiglia crocifiggendo la Vedova Nera con le sue frecce (!) per poi piantergliene un’altra in mezzo agli occhi. Il finale da Far West a Manhattan è epico-grottesco, una voluta parodia dei tipici happy ending a stelle e strisce, di quelli dove i cowboy massacrano gli indiani credendosi anche gli eroi della storia. Gli Ultimates infatti non si limitano a battere i Liberatori, ma li uccidono tutti, anche in modo piuttosto brutale, nonostante fossero i Liberatori stessi le vere vittime.
Ultimates 2 è l’eredità della storia militare americana dal 1945 in poi: è il mondo orientale oppresso che si ribella all’imperialismo americano usando le loro stesse armi contro di loro. Ma a trionfare saranno gli Ultimates, non i buoni. Perché dentro Ultimates non ci sono buoni, ma solo pedine di un mondo in guerra, e in guerra il lieto fine non c’è mai.

Anche se, in parte, Ultimates 2 un finale “allegro” ce lo avrà. A chiudere l’opera di Millar infatti è una scena malinconica, una delle poche con un pò di umanità, forse l’unica di Ultimates senza guerre, complotti, terrorismo, e violenza: un flashback ambientato a Brooklyn nel 1942. Il flashback mostra Steve Rogers e Gail, la sua ragazza di 60 anni prima, uscire da un cinema l’ultima notte prima che Steve Rogers parte per diventare Capitan America, prima che irrompesse la guerra nella sua vita trasformandolo in un freddo soldato completamente devoto agli ordini. E poi sotto, una dedica che non stancherà mai (“Ultimates è dedicato con tanto affetto a Stan e Jack”) a chiudere il fumetto più atteso del 21° secolo.
L’eredità di Ultimates
Ultimates ebbe anche una terza (non memorabile) stagione, scritta non da Millar ma da Jeph Loeb, che metterà fine all’universo Ultimate con Ultimatum, uno tra i fumetti più brutti mai scritti. Ma per tutti, il vero Ultimates sarà sempre solo quello di Millar e Hitch. La guerra in Afghanistan invece si è ufficialmente conclusa il 30 agosto 2021, 12 giorni prima del 20° anniversario delle Torri Gemelle, con la ritirata (e dunque la sconfitta) dell’esercito americano che ha di fatto ri-consegnato il Paese ai talebani su un piatto d’argento come nel 2001, rendendo di fatto i 20 anni di guerra in Afghanistan un enorme spreco di tempo, soldi, e vittime.

Tra 3 anni saremo nel 2025, e il 21° secolo compirà il suo primo quarto di secolo, un numero simbolico per fare un primo bilancio sui nostri tempi e sulle opere che più ne hanno catturato lo zeitgeist. E tra queste non si potrà non citare Ultimates. Ultimates fu un fumetto tanto brillante quanto diverso dagli altri: cinico, realistico, crudo, dove gli eroi protagonisti erano mercenari moralmente ambigui, dei freddi soldati senza umanità, lontanissimi dall’essere anche solo degli anti-eroi.
Il formato stesso di Ultimates fu rivoluzionario: dividendo la storia in 2 stagioni consequenziali ma comunque a sé stanti, ognuna con una struttura filmica, Millar e Hitch abolirono l’idea della storia destinata a proseguire all’infinito (al contrario dell’Universo Marvel classico) creando una trama che invece era destinata a finire, e dunque a rendere ogni stagione unica.Proprio come fosse un film diviso in 2 parti: una storia dai confini così definiti che Millar e Hitch impressero una sorta di “proprietà” sui propri personaggi, un copyright artistico, con l’originale da una parte e i sequel apocrifi portati avanti da imitatori e successori dall’altra. Perché gli Ultimates sono andati oltre Millar e Hitch, ma è come se in realtà non lo fossero mai andati.

Già ai tempi infatti era chiaro che Ultimates 3 non avrebbe visto tornare Millar e Hitch (entrambi impegnati in altri progetti), motivo per cui il finale di Ultimates 2 non fu vissuto come un finale “di stagione”, ma come un finale assoluto, ed escludendo i maxi-crossover nati per essere un evento, Ultimates fu l’ultimo vero fumetto-evento spontaneo della storia della Marvel, dove l’hype era costruito solo e soltanto da quanto seminato in precedenza, e non dalle promesse dell’evento come i vari Secret Wars, Secret Invasion, Dark Reign & co.
Il successo di Ultimates spinse la Marvel a “politicizzare” anche l’universo classico, lasciando a Millar le chiavi per scrivere Civil War, che proprio come Ultimates analizzerà la nuova America nata dalle ceneri dell’11 settembre, anche se sotto un’altra luce: se Ultimates parlava soprattutto della politica estera degli USA, con Civil War Millar preferiva parlare della politica interna, e della soppressione dei diritti fondamentali dei cittadini americani per una maggiore e ossessiva sicurezza preventiva, argomento diventato più d’attualità che con il controverso e anticostituzionale PATRIOT Act di Bush del 2001.

Oggi un fumetto come Ultimates difficilmente verrebbe fatto. La Marvel, come tutti i franchise del nostro tempo, sembra aver perso coraggio, quasi terrorizzata all’idea di sporcarsi le mani e ad intervenire su questioni di attualità in modo tridimensionale uscendo dal binario buono/cattivo, bianco/nero. Con la cinica e inglesissima ironia dei dialoghi di Mark Millar, probabilmente il miglior dialoghista della Marvel degli ultimi 20 anni, Ultimates riuscì a fare questo e tanto altro, allungando la vita ai Vendicatori più che mai, facendoli sopravvivere al nuovo mondo che stava nascendo, e consegnandogli per la prima volta le chiavi del cinema.
Anche se, vedendo che banalità senza sfumature sono diventati i Vendicatori al cinema, forse Millar aveva ragione:”Non ci sarà mai un film sui Vendicatori“. Per quello ci resta sempre il suo Ultimates.