Com’era l’Hulk di Stan Lee e Jack Kirby?

Hulk è probabilmente il personaggio Marvel che più di tutti negli anni si è distaccato dalla sua primissima versione, tanto che anche in tutti gli altri media in cui si è fatto conoscere (cinema, videogiochi, cartoni, serie TV) raramente è stato rappresentato come nelle sue prime storie. Negli anni ’60, infatti, Hulk non si trasformava a causa della rabbia, aveva un rifugio segreto, non era verde, e aveva persino un sidekick.

Quando Hulk debuttò, nel marzo 1962, l’universo Marvel che conosciamo oggi era ancora tutto da costruire. Al tempo esistevano solo i Fantastici 4 e Ant-Man, e in una forma ancora molto legata alle storie di mostri degli anni ‘50 piuttosto che a quelle di supereroi: i Fantastici 4 affrontavano ancora alieni e i kaiju tanto in voga ai tempi, mentre il futuro Ant-Man non era un eroe in calzamaglia ma un semplice scienziato di nome Hank Pym, protagonista di una piccola storia horror autoconclusiva su Tales to Astonish #27 (una delle tante riviste antologiche della Marvel a tema sci-fi/horror), che poi venne “riconvertito” nel supereroe che conosciamo 9 mesi dopo, nell’estate 1962, la stessa in cui un paio di nuove creazioni iniziarono a formare in modo più corposo la mitologia Marvel (a giugno debutterà Thor, mentre ad agosto fu il turno di Spider-Man).

In questo particolare momento di transizione dalle storie fanta-horror a quelle supereroistiche, durato tra il 1961 e il 1962, Hulk è sicuramente – insieme alla Cosa – il personaggio più rappresentativo di questa fase ibrida della Marvel: un po’ mostro e un po’ supereroe, vittima degli esperimenti atomici, e figlio diretto delle paure della guerra fredda.

Stan Lee e Jack Kirby ebbero per la prima volta l’idea di Hulk proprio quando constatarono che la Cosa era il personaggio più amato dai lettori dei Fantastici 4. In quel momento nacque l’idea di un personaggio che fosse una “nuova Cosa”, seguendo la scia di vecchi “mostri incompresi” come Quasimodo o il Frankenstein di Boris Karloff (anche nell’aspetto, soprattutto quando era Steve Ditko a disegnarlo) e l’opera per eccellenza sulla tematica del dualismo, Lo Strano Caso Del Dr. Jekyll e del Signor Hyde di Robert Louis Stevenson (che, in effetti, per il soggetto e la sua brevissima durata somigliava molto più ai racconti antologici fanta-horror degli anni ‘50 che a un romanzo vero e proprio).

Dietro al nome “Bruce Banner”, Stan Lee non ebbe particolari ispirazioni, se non il suo rinomato amore per i nomi con le stesse iniziali, più semplici da ricordare (Reed Richards, Susan Storm, Peter Parker, Matt Murdock, Betty Brant, J. Jonah Jameson, Stephen Strange, e così via), anche se in alcune storie lo rinominerà per errore “Robert Banner”. Neanche il nome “Hulk” aveva particolari ispirazioni (anche perché hulk non è un nome ma un parolainglese che indica un essere di grande stazza e dai movimenti goffi), senza contare che era già stato usato dalla Marvel per alcuni dei suoi mostri usa e getta, come su Strange Tales #75 del 1960, dove ad essere chiamato “Hulk” era un robot gigante.

Nulla di strano, visto che ai tempi per la Marvel era consuetudine riciclare nomi provenienti dalle storie one shot delle loro riviste antologiche: basti pensare al mostro chiamato “Magneto” su Strange Tales #84, o a Strange Tales #97, dove in un mini racconto chiamato “Goodbye to Linda Brown” la protagonista Linda Brown viveva coi suoi zii chiamati… May e Ben, proprio come gli zii di Peter Parker, ma ben cinque mesi prima del debutto di Spider-Man (e per di più sempre disegnati da Steve Ditko)!

“Sono diventato morte. Il distruttore di mondi”

Il 1962 è l’anno più teso della guerra fredda, l’anno in cui con la crisi dei missili di Cuba il mondo sfiora più che mai una guerra nucleare, con tensioni che facevano eco nella narrativa popolare, specie nelle storie di mostri giganti nati a causa delle radiazioni, una premessa che ai tempi era praticamente la norma.

Gli stessi personaggi Marvel avevano, nella maggior parte dei casi, origini di matrice radioattiva, e Hulk di questo terrore atomico fu indubbiamente il più grande esponente fumettistico, visto che le sue stesse origini erano strettamente legate allo spionaggio sovietico e ai test nucleari americani degli anni ‘50 (gli stessi raggi gamma non sono un’invenzione fumettistica, ma una delle tante emissioni che si possono trovare in un’esplosione nucleare).

Nel primo numero, Bruce Banner viene investito dalle radiazioni di una bomba gamma durante un test, nel tentativo di salvare Rick Jones (un ragazzo che per scommessa si era infiltrato nell’area militare dove si stavano sperimentavano le radiazioni), nonostante avesse chiesto al suo partner Igor di interrompere il conto alla rovescia dell’esplosione.

Igor si rivelerà invece essere una spia sovietica al soldo di Gargoyle, il primo villain in assoluto che Hulk affronterà. Gargoyle è a tutti gli effetti un personaggio speculare a Bruce Banner: un brillante scienziato russo diventato deforme a causa delle radiazioni degli esperimenti atomici del suo Paese. Al contrario di Hulk, però, la condizione di Gargoyle è reversibile, e Bruce Banner lo curerà personalmente facendolo tornare umano. A quel punto Gargoyle si ribellerà al suo Paese, inveendo contro Krusciov e facendosi saltare in aria insieme agli altri militari sovietici per redimersi, chiudendo così la primissima storia di Hulk.

Anche l’ambientazione fu figlia dei suoi tempi: Hulk era infatti l’unico supereroe Marvel ad operare non a New York ma nel deserto del Nevada, dove tutt’oggi si trova il Nevada Test Site, che dal 1951 è il principale sito di test nucleari degli Stati Uniti.

Test atomici nel deserto del Nevada negli anni ‘50.

Sessant’anni fa negli Stati Uniti i rischi per la salute dovuti a fattori chimici erano ancora molto sottovalutati, dai contesti più piccoli (come il celebre insetticida domestico noto come DDT, che venne scoperto essere cancerogeno solo nel 1962) fino alle radiazioni nucleari: basti pensare che, nonostante il fallout di Hiroshima e Nagasaki fosse ancora fresco, per buona parte degli anni ‘50 a Las Vegas e dintorni i funghi atomici dovuti ai test del Nevada Test Site erano considerati un’attrazione turistica, con la gente che si appostava sui tetti per ammirarli come fossero botti di capodanno, nonostante in molte aree circostanti si stesse già registrando un incredibile aumento di tumori.

Il cinema aveva già dato forma al crescente terrore atomico (come Assalto Alla Terrao il Godzillagiapponese, entrambi del 1954 ed entrambi basati su animali resi giganti dai test atomici), ma la maggior parte delle istituzioni americane lo considerava inutile allarmismo, e così di conseguenza la popolazione stessa, che vedeva in certi film niente più che semplice intrattenimento.

Prima della (tardiva) presa di coscienza, uno dei casi più esplicativi sulla sottovalutazione del pericolo delle radiazioni avvenne nel 1956 sul set de Il Conquistatore, film che includeva nel cast stelle comeJohn Wayne e Lee Van Cleef, girato nella città di St. George, Utah, relativamente vicina al Nevada Test Site (220 km, grossomodo la distanza tra Roma e Napoli). Nonostante l’amministrazione locale avesse dichiarato che non ci fosse alcun rischio a girare da quelle parti, delle 220 persone che lavorarono al film ben 91 si ammalarono di cancro, tra cui il regista Dick Powell (che morì nel 1963 per un cancro alle ghiandole linfatiche), la co-protagonista Susan Hayward (tumore al cervello) e lo stesso John Wayne, che sviluppò un cancro ai polmoni che lo costrinse a farsene asportare uno.

Le prime storie

La prima cosa che salta all’occhio è ovviamente che Hulk non fosse verde ma grigio, un colore che verrà abbandonato praticamente subito a causa delle difficoltà nelle tecniche di colorazione dell’epoca di produrre il grigio (basti pensare che, qui in Italia, per un periodo il costume di Batman venne ricolorato in rosso!).

Già dal secondo numero – eccezionalmente disegnato da Steve Ditko – Hulk acquisirà il suo iconico colorito verde, che sostituirà il vecchio grigio anche nelle successive ristampe del primo numero. Hulk non tornò ad essere mostrato grigio fino al 1984, quando su The Incredible Hulk # 302 un flashback confermò che il grigio del primissimo Hulk era effettivamente canonico, oltre ad avere un particolare significato a differenziarlo dalla sua versione verde (ma ci arriveremo tra poco).

Il primo Hulk era ancora molto vicino alle storie di mostri dei fifties. Rispetto alla sua versione odierna, l’Hulk prima maniera era una creatura esclusivamente notturna, come un lupo mannaro: Bruce Banner, infatti, non si trasformava in Hulk a causa di rabbia e stress, ma solo al calare del sole, tornando ad essere sé stesso all’alba.

Sapendo della “vita notturna” di Hulk, nel secondo numero Bruce Banner si troverà un rifugio segreto nel deserto: una grotta sotterranea con una cella di sicurezza dove si rinchiudeva ogni notte per contenere la furia di Hulk, venendo liberato solo all’alba dal già citato Rick Jones.

Nonostante nella concezione comune Hulk sia un personaggio fortemente solitario, è praticamente impossibile parlare del gigante verde senza parlare anche di Rick Jones, che si trova tutt’oggi nella paradossale posizione di non aver mai avuto una trasposizione live action al cinema nonostante sia uno dei personaggi più importanti della storia della Marvel. Come detto prima, Rick Jones era stato “responsabile” della nascita di Hulk, il ché lo legherà per sempre a Bruce Banner, aiutandolo più volte a coprire ogni prova che collegasse Banner a Hulk e diventando a tutti gli effetti il suo sidekick.

E sempre in tema sidekick, nel 6° numero Rick Jones formerà con i suoi amici la Brigata Giovanile, un gruppo di ragazzi sparsi in tutti gli Stati Uniti che comunicavano tra di loro in tempo reale tramite stazioni radio, così da aiutare la comunità dei supereroi in ogni angolo del Paese (in pratica Rick Jones e la Brigata Giovanile avevano anticipato internet). Un’organizzazione che nella storia della Marvel avrà una certa importanza, visto che furono proprio Rick Jones e la Brigata Giovanile nel 1963 a far unire i Vendicatori per la prima volta in assoluto.

La condizione di Hulk come creatura notturna finì già dal 3° numero, dopo che il gigante verde venne investito da una tempesta radioattiva fuori dall’atmosfera terrestre (il generale Ross aveva spedito Hulk nello spazio per liberarsene per sempre, un espediente di trama che verrà ripescato 45 anni dopo per il celebre World War Hulk) rendendo la sue condizione di Hulk permanente. A farlo tornare Bruce Banner fu Rick Jones con una macchina a raggi gamma situata nel rifugio segreto di Hulk, che alla fine dello stesso numero verrà modificata da Banner stesso, riuscendo così ad unire il corpo di Hulk e il suo cervello di scienziato. Giusto un tantino più aggressivo…

Da qui in poi, dopo essere nato come mostro incontrollabile, le storie di Hulk rientreranno nei canoni più classici del genere supereroistico, con tanto di rifugio segreto e la facoltà di liberare i suoi poteri (quasi) a suo piacimento in base al cattivone di turno grazie alla macchina a raggi gamma.

E a proposito di cattivoni, la galleria di villain di Hulk era tutt’altro che invitante: Generale Ross a parte, dopo Gargoyle nel secondo numero Hulk affronterà gli improbabili Uomini Rospo, una temibile (?) razza aliena con l’aspetto di rospi umanoidi (!) che daranno il via alla sua poco invidiabile galleria di villain di serie C come Mongu, Tyrannus, il generale Fang, Metal Master, o Ringmaster, uno dei tanti personaggi che Stan Lee riesumò dalle vecchie riviste Marvel della Seconda Guerra Mondiale (il primo Ringmaster era infatti un agente nazista affrontato da Capitan America su Captain America Comics #4, del 1941), contendendosi con Devil lo scettro di peggior galleria di cattivi della Marvel degli anni ‘60.

La serie personale di Hulk chiuse dopo appena 6 numeri nel gennaio 1963, ma le sue storie continuarono ad essere pubblicate su Tales to Astonish (che ospitava anche le storie di Ant Man/Giant Man) a partire dal n°59, rivista dove debutteranno alcuni dei suoi villain classici come il Capo o Abominio (entrambi su Tales to Astonish #62). Inoltre Hulk era spesso ospite di altre riviste nel ruolo di scheggia impazzita, come su Fantastic Four #12, che segnerà anche il suo primo incontro con la Cosa, da 60 anni la sfida più “classica” di casa Marvel (anche se il primo scontro degno di questo nome avvenne su Fantastic Four #25), mentre nel luglio 1963 sarà tra i membri fondatori dei Vendicatori, anche se abbandonerà il gruppo dopo appena 5 numeri.

Andando a rileggere le storie dei tempi è abbastanza chiaro che Lee e Kirby non avessero particolari idee per le storie in solitaria di Hulk, né per creare villain alla sua altezza, e senza mai trovargli uno status definitivo neanche nelle cause della sua trasformazione: in appena sei numeri, infatti, Hulk prima si trasforma solo di notte, poi solo a contatto con la macchina a raggi gamma, poi in momenti casuali e senza particolare criterio, e così via. La prima trasformazione in Hulk a causa di rabbia e stress (che diventerà poi il suo “innesco” definitivo) avverrà solo nel 1964 su Tales to Astonish #59, quasi 2 anni dopo la sua creazione.

La stessa personalità di Hulk cambiava di numero in numero: se nel n°2 Hulk agiva di sua volontà, nel n°3 Hulk rispondeva solo ai comandi di Rick Jones, mentre nel n°4 Banner riesce a trasformarsi in Hulk mantenendo la sua intelligenza, per poi assumere nei numeri successivi una personalità molto più aggressiva e rabbiosa (pur mantenendo una certa lucidità e razionalità), mentre in tutti i suoi crossover con gli altri eroi Marvel (come i Fantastici 4 o Spider-Man) verrà sempre mostrato come il classico mostro incontrollabile e poco intelligente che conosciamo. Insomma, era chiaro che rispetto ad altri personaggi dei tempi Lee e Kirby non avessero particolari idee su che direzione dare ad Hulk, o almeno a definirne una coerenza.

Di tutte queste versioni di Hulk, però, quella che più vale la pena leggere è senza dubbio quella del n°5, dove uno scontrosissimo Hulk volerà in Cina per fermare l’avanzata del generale Fang, vestendosi da abominevole uomo delle nevi (non si sa perché) e passando praticamente tutta la storia a litigare e insultare chiunque per tutto il tempo con epiteti affettuosi come “stupido/ritardato/marmocchio/insetto/idiota” in ogni vignetta, incluso il povero Rick Jones. Una storia divertente e adorabilmente camp che vale la pena leggere anche solo per gli insulti di Hulk ai quattro venti.

Rispetto ad altri personaggi Marvel, le storie di Hulk non si distinguevano particolarmente (anche se nel 1966, su Tales to Astonish #77, Hulk divenne il primo degli eroi Marvel a perdere la sua identità segreta). Negli anni ‘60 Hulk dava il suo meglio come ospite di altre riviste piuttosto che come eroe titolare, motivo per cui The Incredible Hulk per tanti anni fu una delle riviste meno vendute della Marvel, finché negli anni ‘80 autori come Bill Mantlo e – soprattutto – Peter David ribalteranno il mondo di Hulk trasformando la rivista del gigante verde nella più divertente sulla piazza, approfondendo anche la dicotomia Hulk grigio/Hulk verde con risvolti molto più profondi nella psiche di Bruce Banner, avvicinandolo ancora di più alla sua fonte d’ispirazione originaria – ossia il Dr. Jekyll e Mr. Hyde – e a quello che era il significato originale del romanzo di Stevenson, da cui Stan Lee e Jack Kirby avevano già preso ispirazione per un mostro one shot apparso su Journey Into Mystery #79 (chiamato “The Midnight Monster”)un mese prima del debutto di Hulk.

Lo strano caso del Dr. Banner

Nella concezione popolare, quando il Dr. Jekyll si trasforma in Hyde diventa una sorta di scimmione non troppo intelligente e dalla forza sovrumana, una specie – appunto – di piccolo Hulk. Ma in realtà il Mr. Hyde del romanzo originale di Stevenson era tutt’altro: era più piccolo e basso di Jekyll, razionale, deforme ma non mostruoso, e non aveva particolare forza fisica se non quella dovuta ai suoi scatti d’ira.

Al di là dell’elemento spettacolare rappresentato da Hyde, il romanzo di Jekyll e Hydenonpartiva con l’intento di essere un semplice romanzo fanta-horror, ma una critica alla morale e al puritanesimo della società inglese, e su come l’etica e il perbenismo vittoriano invitassero a reprimere i propri desideri (soprattutto sessuali) e gli istinti umani meno “nobili” e presentabili. Nel romanzo, infatti, il Dr. Jekyll non si trasforma in Mr. Hyde per errore: nell’ultimo capitolo del romanzo – che è essenzialmente una lettera/testamento di Jekyll – il dottore confessa di aver sintetizzato la formula che lo trasformerà in Hyde consapevolmente, sapendo benissimo quali saranno gli effetti, e perfettamente conscio che quella pozione farà emergere la sua anima più oscura, nascosta, e spoglia da ogni vincolo morale (“La droga non era né diabolica né divina. Si limitava a scuotere le porte della prigione in cui era racchiusa la mia natura”).

Il Dr. Jekyll & Mr. Hyde del 1920.

Proprio per questo, pur riconoscendo il male di Mr. Hyde, inizialmente Jekyll prova persino gioia nel sentirsi finalmente libero, come lui stesso ammetterà(“Quando in quello specchio guardavo quell’idolo orribile, non provavo un senso di ripugnanza, piuttosto uno slancio di accettazione. Quell’uomo ero sempre io. Aveva una parvenza naturale e umana. Ai miei occhi quelle sembianze portavano impressa un’immagine ancora più espressiva dello spirito che l’abitava, più integra, più viva di quella imperfetta e divisa che fino ad allora aveva abitato la persona che solevo chiamare me stesso”)

Se Lee e Kirby del romanzo di Stevenson avevano preso solo il plot alla base – lo scienziato dalla doppia personalità incontrollata –, i già citati Bill Mantlo e Peter David negli anni ‘80 ripescheranno molti dei significati originari di Jekyll e Hyde, appurando che Hulk non è frutto del semplice stress di Banner, ma una manifestazione di tutte le sue emozioni represse. Ed è qui che torna in gioco l’Hulk grigio.

L’Hulk grigio per certi versi era un po’ come il Mr. Hyde letterario: una creatura rabbiosa ma anche (relativamente) lucida, che seguiva una sua logica, e che rappresenta la liberazione dei desideri di Banner, così come Hyde era la rivelazione di tutti i sentimenti e i desideri repressi da Jekyll. L’Hulk grigio è tutto ciò che Bruce Banner inconsciamente vorrebbe essere: forte, sicuro di sé e libero (motivo per cui l’Hulk grigio disprezza Banner, ritenendolo debole, gracile, e incapace di imporsi), a tutti gli effetti il lato più profondo e nascosto della sua personalità che prende forma, il suo io che profondamente odia sé stesso, e non un semplice bestione rabbioso fuori controllo capace di urlare solo “Hulk spacca!” (che sarà invece incarnato dalla sua versione più celebre, quella verde) come sarà successivamente.

Seppur spesso poco lineari e abbastanza improvvisate, le storie di Hulk degli anni ‘60 erano gradevoli, molto più di altri eroi che – proprio come lui – dovranno aspettare per trovare il proprio posto al sole (come Devil o gli X-Men, che negli anni ‘60 non avevano proprio storie ispiratissime), ma il personaggio vivrà giorni migliori più avanti. Dopo un boom di popolarità tra il 1977 e il 1982 grazie alla serie con Lou Ferrigno e Bill Bixby, a cui seguirà sempre nel 1982 un celebre cartone (provvisto tra l’altro di un gran bel tema musicale, secondo solo a quello composto da Danny Elfman nel 2003), Hulk rinascerà completamente negli anni ‘80, trovando finalmente la sua dimensione e facendo persino “pace” con le incoerenze passate.

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