Come nacque l’idea di Batman, e come Bob Kane si appropriò delle idee di Bill Finger
2016: Batman v Superman esce al cinema, nei titoli di testa si legge un apparentemente innocente “Batman created by Bob Kane with Bill Finger”. Quindi? Beh, diciamo che il povero Bill Finger per vedersi accreditato come padre di Batman ha dovuto aspettare “solo” 77 anni, vedendosi rubare lo scettro da Bob Kane per tutto il tempo. Ma partiamo dall’inizio…
Nel 1938 l’industria del fumetto è sconvolta dall’arrivo di Superman con editori, scrittori e artisti che passano notti insonni a capire come replicarne la formula del successo, perché è chiaro a tutti gli addetti ai lavori che il mondo del fumetto non sarà più lo stesso.
I numeri delle vendite di Superman parlano chiaro: nessun personaggio era mai stato capace di fare vendite così stratosferiche, una macchina da soldi più unica che rara, tale da obbligare la DC – all’epoca ancora nota come National Comics – a dedicare una seconda rivista a Superman dopo Action Comics (stavolta col suo nome in copertina, un inedito all’epoca), e anche delle strip settimanali sui principali giornali americani, pur di accontentare la spropositata richiesta di nuove avventure a cui neanche le innumerevoli ristampe di Action Comics riescono a stare dietro.
Fuori dai fumetti tutti fanno la fila per assicurarsene i diritti: la WOR – una delle principali radio di New York nonché, coi suoi 98 anni, una delle più antiche di tutte gli Stati Uniti – si assicurò i diritti radiofonici per un serial di enorme successo che durerà ben 11 anni (dove tra l’altro nel 1943, sfruttando una vecchi idea scartata di Siegel e Shuster, fu inventata la Kryptonite), mentre ad accaparrarsi quelli per il cinema fu la Paramount, che commissionò subito il primo cartone animato su Superman ai più importanti studios d’animazione d’America, i Fleischer Studios. Se non li avete mai sentiti nominare (probabile, visto che non esistono più dal 1942) sicuramente li conoscerete per alcuni dei loro cartoni come Braccio di ferro, Betty Boop, I viaggi di Gulliver e, appunto, Superman.

I Fleischer Studios erano una vera e propria istituzione nel campo: precursore e innovatore del campo dell’animazione, proprio il suo fondatore Max Fleischer inventò una delle tecniche di animazione più importanti di sempre, il rotoscope, pratica che prevede il disegnare sopra immagini filmate in precedenza proiettate su del vetro.
Una tecnica che fino all’arrivo del computer negli anni ’90 sarà il massimo standard per riprodurre movimenti realistici nei cartoni, aiutando alla realizzazione di prodotti importanti come Yellow Submarine, He-Man, Waking Life, Il signore degli anelli del’78, Heavy Metal, e anche il videoclip di Take on Me degli A-ah.
Oltre a questa rivoluzionaria tecnica, i Fleischer Studios amavano sperimentare sia a livello tecnico, realizzando ad esempio My Old Kentucky Home nel 1926, il primo esempio di sonoro sincronizzato (e non Steamboat Willie, cartone di debutto per Topolino, come molti erroneamente riportano), che a livello narrativo, inserendo nei loro cartoni black humor, surrealismo, riferimenti sessuali, e tutta una serie di altre cose che gli creerà problemi con il Codice Hays, le linee guida che gli USA imponevano come censura ai propri prodotti audiovisivi.
I primi a giocarsela alla pari con i Fleischer furono gli studi della Disney, che nel 1937 debuttarono con Biancaneve, il loro primo lungometraggio. Nonostante questo, i Fleischer mantennero saldamente il predominio sui rivali (anche perché classici Disney come Dumbo, Fantasia, e Bambi all’epoca, strano a dirsi, furono dei flop), ma i costi di produzione erano così alti che neanche le enormi entrate bastavano a coprire i debiti, costringendoli a chiudere i battenti nel 1942. Oggi i Fleischer Studios non esistono più da quasi 80 anni, ma i loro cartoni e la loro eredità sono ancora materia di studio per chiunque si approcci all’animazione.
I corti di Superman dei Fleischer Stdios (che tra l’altro furono i primi ad aggiungere il volo ai poteri di Superman) sono tutt’oggi considerati un capolavoro dell’animazione, e avendo superato i 75 anni, sono tutti di dominio pubblico e facilmente reperibili – per giunta in HD – su YouTube.
Cosa c’entra tutto questo con Batman? Centra eccome, visto che tra gli allievi dei Fleischer Studios c’era anche Bob Kane.

Superman chiama, Batman risponde
Newyorchese di nascita, Bob Kane approdò ai Fleischer Studios a soli 19 anni, nel 1934, dopo aver frequentato la DeWitt Clinton High School nel Bronx, all’epoca la scuola pubblica più grande del mondo, in cui si diplomò nel 1933, e dove conobbe un’altra futura leggenda del fumetto, Will Eisner (che si diplomò 3 anni dopo Kane). Ironia della sorte, due anni dopo il diploma di Kane, tra i nuovi studenti di quella stessa scuola ci sarà anche Stan Lee. Chissà come avrebbe reagito Lee se all’epoca gli avessero detto che 70 anni dopo un corridoio della sua scuola avrebbe avuto un murales con la sua faccia in onore del “class of 1939” più illustre.

Lavorando a soli 19 anni per i Fleischer, Kane ha un indiscutibile talento, che lo porta a lavorare nel campo dei fumetti sin da subito. Inizialmente collabora con l’amico Eisner, conosciuto al liceo, per la Eisner & Iger (che tra i fondatori ha anche Jack Kirby), e a 24 anni approda alla DC. Proprio in quel periodo, Kane conosce a una festa un altro ex alunno della De Witt Clinton High School, diplomatosi nel suo stesso anno, Bill Finger. Nonostante abbiano frequentato lo stesso liceo i due non si sono mai incontrati prima, e che nasca una collaborazione sembra scontato visto che Finger, nonostante venda scarpe per vivere, aspira a diventare uno scrittore. Kane, visto che è già nell’ambiente, prende la palla al balzo per chiedergli di fargli da ghost writer, e da lì inizia la collaborazione tra i due.
Come accennato sopra, il 1938 è il pieno della Superman-mania, e la DC vuole sfruttarne l’onda per creare un nuovo Superman. Nonostante storicamente non sia il primo, Superman creò da solo il prototipo del supereroe come lo conosciamo oggi, integrando in un unico personaggio elementi sparsi tra i personaggi più vari dell’epoca dai superpoteri, all’identità segreta, al costume attillato (storicamente il primo fu Phantom nel 1936, ma solo perché Superman ci mise 5 anni ad essere pubblicato), dunque sembrava scontato che la prossima creatura DC ne imitasse le basi.
Kane è il prescelto dalla DC per creare un personaggio che bissi il successo di Superman, ma replicare il successo del nuovo figlio prediletto d’America è tutt’altro che semplice. Nonostante le pressioni siano tante, Kane ha un’ottima idea, seppur apparentemente suicida viste le richieste della DC: allontanarsi completamente dal modello di Superman per non risultarne una copia e venirne schiacciato. Se Superman ha stupito i lettori di tutto il mondo per i suoi poteri, la sua nuova creatura non dovrà averne nessuno, mantenendosi sui binari più tradizionali degli eroi dell’epoca, quelli da cui prenderà più spunto, come Zorro, The Shadow, Phantom, The Spider, o The Whisperer (lui forse non lo avrete mai sentito nominare, ma il suo vero nome è James W. Gordon e fa il commissario di polizia, ”commissario James Gordon” vi ricorda qualcuno?).
Quello che segue è forse l’aneddoto più famoso riguardo la creazione di Batman: oltre che al disegno Kane era da sempre interessato alle innovazioni tecnologiche, che negli anni precedenti sono state non poche, e gli torna in mente un libro di Leonardo Da Vinci che aveva da piccolo. Il libro è pieno di schizzi e progetti del genio toscano avanzatissimi per l’epoca, e ce n’è uno in particolare che affascina il giovane Bob… un aliante per far planare un uomo da grandi altezze con delle ali molto simili a quelle di un pipistrello, con accanto un appunto di Leonardo per futuri progetti di volo: “Le uniche ali dei tuoi uccelli saranno quelle di un pipistrello”. Su quell’aliante si sarebbe basato il mantello di Batman, e sul pipistrello si sarebbe basato… beh, tutto. L’idea dell’uomo pipistrello era nata.

Se Lee Falk per Phantom arrivò all’idea di una tuta aderente basandosi sui film di Robin Hood (altro precursore dei supereroi) con Errol Flynn dell’epoca, dove quest’ultimo indossava la celebre calzamaglia verde, Siegel e Shuster per Superman si basarono sugli strongmen – i sollevatori di pesi – e sugli atleti del circo, che indossando sempre tute aderenti per esaltare il fisico (e mutande sopra i pantaloni per avere più libertà di movimento, scelta che Superman erediterà per il costume): qualunque fosse la fonte di ispirazione, ai tempi la tuta aderente era l’immagine più associata alla forza fisica e alle potenzialità atletiche del corpo umano, dunque l’idea di dare a un eroe una calzamaglia, per quanto fosse un’idea giovane, appariva ormai come una certezza assodata.
Basandosi su questi due semplici concetti di partenza (costume e aliante per planare), il primo Batman di Kane, o “The Bat-Man”, col trattino in questa prima visione, appariva ben diverso da come siamo abituati a pensare:

Questo è un lavoro per Bill Finger
Prima di presentare la sua idea alla DC, Kane chiese a Finger cosa ne pensasse, con quest’ultimo che suggerì una serie di modifiche da fare, visto che a suo dire il costume, dalla mancanza di guanti, al volto scoperto – se non per la cosiddetta “domino mask”, la mascherina sugli occhi tipica degli eroi old school – ricordava troppo quello di Superman. Essendo concepito da Kane per essere una creatura notturna, Finger suggerì di sostituire il rosso col grigio, di coprire il volto con un cappuccio per infondere più mistero, di aggiungere dei guanti viola, e di convertire l’aliante in un mantello.
L’aliante sarebbe tornato più volte negli anni successivi come omaggio all’idea originale di Kane (il caso più celebre è sicuramente quello di Anno Uno di Frank Miller). Finger suggerì anche un elemento apparentemente insignificante, ma che sarebbe diventato uno dei più iconici del personaggio: gli occhi bianchi senza pupille. Spesso alla domanda “Ma perché i supereroi hanno gli occhi bianchi?” la risposta più semplice è “Perché fa più figo”, ma in realtà c’è un motivo ben preciso, nato proprio in quel periodo: Lee Falk, quando creò Phantom nel 1936, fu il primo a suggerire gli occhi completamente bianchi a Ray Moore – primo disegnatore di Phantom – ispirandosi alle antiche statue greche e romane, che con la loro assenza di pupille a suo dire non comunicavano alcuno stato d’animo, dando quindi la sensazione di mistero e autorevolezza che cercava dal personaggio.

A dire il vero greci e romani alle loro statue le pupille le mettevano eccome, visto che le statue all’epoca venivano dipinte (in casi più rari le pupille erano addirittura scolpite), ma ovviamente il deteriorarsi della pittura nei secoli ci ha consegnato statue spoglie di ogni colore e, inconsapevolmente, uno degli elementi più caratteristici del mondo dei fumetti.
Ispirandosi per sua stessa ammissione proprio a Phantom, Finger apportò dunque i celebri occhi bianchi a Batman, mentre ad aggiungere le celebri orecchie da pipistrello fu Kane, ispirandosi a suo dire a un thriller del 1930 chiamato The Bat Whispers, dove un assassino uccide le sue vittime con un enorme – e piuttosto inquietante – maschera da pipistrello molto simile a quella del coniglio di Donnie Darko. Ma probabilmente Kane si sarà confuso, visto che in realtà nel film non appare nessuna maschera da pipistrello: la maschera in questione appare nel film del 1926 The Bat, di cui The Bat Whispers è un remake (sono entrambi di dominio pubblico e disponibili su YouTube). Sempre nello stesso film è presente una scena con quella che forse fu l’ispirazione del Bat-segnale, in cui un falena si poggia su un faretto, lasciando quindi la sua silhouette sul cerchio di luce proiettato sul muro e somigliando molto a… un pipistrello.

Come nasce il concept dell’identità segreta (di Bruce Wayne e non solo)?
Dire che gli aggiustamenti di Finger si fermarono qui è dir poco, visto che creò anche l’identità di Bruce Wayne, prendendo il cognome del Re scozzese Robert Bruce (quello che vedete su Braveheart, la lezione di storia termina qui) e quello del generale Anthony Wayne dopo aver accarezzato anche l’idea di chiamarlo anche “Bruce Hancock” e “Bruce Adams”.
Finger cercò i papabili nomi tra figure nobili e aristocratiche perché aveva un’idea ben precisa di chi dovesse essere Bruce Wayne: un miliardario che conduce una doppia vita notturna in gran segreto. L’idea dell’aristocratico di giorno e giustiziere di notte fu popolarizzata nel ventennio precedente da Zorro, che sotto la maschera è in realtà il ricco ereditiere Don Diego de la Vega, di tutti i precursori dei supereroi indubbiamente il più amato e popolare di sempre.
Quando si parla di riviste pulp si pensa erroneamente quasi solo a storie di gangster (la falsa credenza è stata ulteriormente alimentata dal successo di Pulp Fiction), quando in realtà coprivano i generi più vari, dalla fantascienza, al giallo, al softcore, al western, ed erano la principale fonte di intrattenimento di chiunque sia nato negli anni ’30 e ’40 – non a caso Spielberg e Lucas, nati nel ’46 e nel ’44, per Indiana Jones si ispirarono a quelle riviste -, ed è proprio su quelle riviste, che nel 1919 Zorro uscì dalla mente di Johnston McCulley.
Zorro popolarizzò il concetto della doppia identità e dell’aristocratico giustiziere basandosi su due dei romanzi più popolari dell’epoca: Il Conte di Montecristo e La primula rossa. Scritto nel 1844, Il Conte di Montecristo parla di Edmond Dantès, capitano mercantile spedito in prigione dopo essere stato accusato da tre suoi conoscenti, invidiosi sia della sua promozione che della sua futura sposa, di essere bonapartista. Negli anni in prigione Edmond si allena mentalmente e fisicamente grazie al suo compagno di cella, l’anziano Faria, meditando vendetta verso chi lo ha tradito. Una volta riuscito a evadere, si arricchisce trovando il tesoro nascosto dell’isola di Montecristo, segnalatogli da Faria (morto durante la fuga), e sfruttando le ricchezze e le competenze acquisite in prigione, torna in patria per compiere la sua vendetta con una nuova identità: quella del Conte di Montecristo. Un (neo) aristocratico che torna con una doppia identità dopo anni di isolamento e addestramento per raddrizzare i torti e compiere la sua vendetta… vi ricorda qualcuno con un costume da pipistrello?

Parte dello stesso archetipo dell’aristocratico in isolamento (e soprattutto quello dell’anziano mentore/compagno di cella che muore durante la fuga), sarà ereditato anche da Tony Stark svariati anni dopo. O anche da Martin Campbell per La maschera di Zorro, dove l’erede al mantello di Zorro, Alejandro Murrieta, si spaccia per un nobile proprietario terriero per entrare nella grazie del generale Love, colpevole di aver ucciso il fratello anni prima, per vendicarsi.
Se Il Conte di Montecristo creò l’idea dell’identità segreta, La primula rossa fu quello che, insieme a Zorro, influenzò di più i futuri “padri” dei supereroi, da Jerry Siegel, a Stan Lee, ai nostri Bill Finger e Bob Kane, tutti figli degli anni ’10 del ‘900. La primula rossa fu infatti un romanzo estremamente popolare per quella generazione di ragazzi: nel libro il nobile (ancora una volta, un aristocratico) inglese Percy Blakeney, sotto il falso nome di Primula rossa, si erge a difesa della borghesia messa sotto scacco dalla Rivoluzione francese, lasciando una primula – un tipo di fiore – come segno distintivo in ogni luogo dove opera. Seppur sia un reazionario difensore dei nobili e dello status quo contro i rivoluzionari, il romanzo influenzò molto il concept dei supereroi, riproponendo di nuovo l’idea dell’identità segreta, l’idea del nome da battaglia, e quella del segno distintivo lasciato come marchio come Zorro con la sua celebre Z, o Phantom col teschio che lasciava impresso sui volti dei criminali, e cosi via..
Da chi abbia più preso ispirazione Finger non si sa – ma è probabile sia più che altro da Zorro – fatto sta che, nel 1939, l’archetipo dell’aristocratico giustiziere è diventato ormai un classico intramontabile.

Gotham City, Alfred, e… Dick Tracy
Con Bruce Wayne fatto e finito, Finger si occupò anche del contorno. La città di Batman non aveva ancora un nome, e Finger dopo aver pensato a Capital City e a Coast City (nome che riciclerà anni dopo per la città di Lanterna Verde) sfogliò l’elenco telefonico di New York in cerca di ispirazione, e non poteva andare meglio. Una gioielleria di nome Gotham Jewelery diede il suo contributo alla storia del fumetto dando il nome alla città fittizia più famosa del mondo… Gotham City era nata, anche se per la Gotham che conosciamo tutti bisognerà aspettare ancora 50 anni.
Per i primi 30 anni infatti, Gotham sarà una tipica metropoli americana non troppo diversa da New York o Metropolis, e inizierà a diventare la celebre città più malfamata d’America come la conosciamo solo negli anni ’70 grazie al rivoluzionario ciclo di Dennis O’Neil (che descrisse scherzosamente la sua Gotham come “Manhattan sotto la 14esima, 11 minuti dopo la mezzanotte, nella notte più fredda di novembre”) e Neal Adams, che iniziò a raffigurare Gotham come la New York sporca e degradata dell’epoca, popolarizzata al cinema da Taxi Driver e altre pellicole della New Hollywood. A lanciare il famoso design gotico fu il primo film di Tim Burton nel 1989, con un successo tale che si riverserà nei fumetti in primis con Batman: Gothic (miniserie del 1990) facendola diventare la versione più popolare e amata, lasciando però ad ogni artista futuro la libertà di raffigurarla come meglio crede.
Alle mille intuizioni di Finger si aggiunsero la Batmobile, inizialmente una comune macchina anni ‘30 rossa e senza nessun “Bat” prefisso, e un garage sotterraneo per la non-ancora-Batmobile. Ci penserà il serial televisivo del 1941 a trasformare il semplice garage nell’iconica Bat’s Cave. “Bat’s Cave”? Si, avete letto bene, prima di far cadere il genitivo sassone il nome della Bat-caverna era proprio questo. Suonerà strano, ma per Alfred bisognerà aspettare qualche anno ancora visto che fu ideato, proprio come la Bat-caverna, appositamente per il serial degli anni ’40; e quando troverà un equivalente fumettistico, nel 1943, sarà ben diverso da quello che conosciamo.
Il primo Alfred Beagle (il cognome Pennyworth arrivò dopo) era un maggiordomo sovrappeso con l’ossessione di Sherlock Holmes, non aveva alcun legame col passato di Bruce Wayne, scopriva la doppia vita del suo padrone per puro caso, e aveva principalmente una funzione comica. L’Alfred figura paterna a cui siamo abituati arriverà solo dopo Crisis e il reboot generale della DC nel 1984, con il film di Burton a popolarizzare e rendere definitiva questo versione 5 anni dopo. Ancora non è chiaro se l’idea di Alfred venne da Kane e Finger o dagli sceneggiatori del serial, anche se parecchie fonti sembrano indicare i secondi come veri creatori. Finger ideò anche le traumatiche origini di Batman e il mitico soprannome di “cavaliere oscuro”.
Presentata l’idea, la DC decise che Batman avrebbe fatto il suo debutto nel numero 27 di Detective Comics, anche se il primo vero sguardo a Batman avviene su Action Comics n.12, dove a chiudere il fumetto c’è l’annuncio di “una nuova emozionante strip nel numero di maggio di Detective Comics”, anche se in realtà debutta il 30 marzo (anticipare di qualche mese la data è una consuetudine delle riviste americane). Tra l’altro, per chi se lo fosse sempre chiesto, le iniziali della DC stanno proprio per “Detective Comics”.

Se la creazione di ogni eroe è sempre influenzata dal contesto storico in cui è nato, per Batman questi discorso vale ancora di più. Negli anni ’30 infatti, grazie agli anni del proibizionismo le storie che vanno per la maggiore sono il poliziesco, il giallo e il thriller, dunque nella narrativa dell’epoca i cattivi sono generalmente gangster, e i super-criminali sono ancora lontani dall’essere concepiti, a tal punto che pesino un eroe più propenso alla fantascienza come Superman nelle sue prime storie affronta “solo” mafiosi e politici corrotti . Essendo più simile a “colleghi” contemporanei come The Shadow che a Superman, Batman non può essere da meno, e seguendo lo spirito dell’epoca nelle sue prime storie affronta perlopiù gangster, scienziati pazzi, e omicidi oscuri.
Il 1939 oltre all’essere l’anno del debutto del Pipistrello, è anche l’anno de Il grande sonno, il primissimo romanzo di Raymond Chandler, il più grande esponente dell’hard boiled, genere che prenderà il poliziesco tipico di quegli anni per esplorarlo in salsa più cruda e realistica, allontanandosi dal giallo deduttivo. Tutt’oggi Batman è forse l’unico personaggio della sua epoca che per atmosfere e caratteristiche narrative è riuscito a mantenere la sua impronta originale.
La storia di debutto di Batman, Il caso del sindacato chimico è la più classica delle storie hard boiled dell’epoca: ambientato in una sola notte, pochi personaggi, un omicidio di mezzo da risolvere e un detective che non si fa problemi ad uccidere (alla sua prima apparizione Batman uccide 3 persone in appena 6 pagine, non male per chi baserà tutto sulla regola del “non uccidere”).
Al contrario della prima storia di Superman dove del kryptoniano ci veniva narrato tutto, di Batman in questa storia non sappiamo nulla: nessun riferimento alle sue origini o al perché faccia il vigliante, e scopriamo solo nell’ultimissima vignetta che lui e Bruce Wayne, apparso a inizio storia come poco più che comparsa, sono la stessa persona. Un po’ come farà poi 50 anni dopo il primo film di Burton i tasselli delle motivazioni di Batman li scopriamo pian piano che la storia va avanti, con Bruce Wayne che inizialmente sembra un comprimario di poca importanza.
Le origini di Batman verranno svelate ben 6 mesi dopo, nel novembre 1939.
Batman placherà la sua furia omicida con l’arrivo di Robin nel 1940 (al contrario di quanto si pensa la fase solitaria di Batman durò solo un anno), ma fino ad allora… questo è il primo Batman degli anni ‘30: un vigilante che uccide, spara ai vampiri mentre dormono (sì, anche questo è il Batman del 1939) e usa mitragliatrici mentre è in volo, figlio di un epoca con un altra concezione di cosa fosse “adatto ai bambini” e dove i fumetti erano molto più violenti di quelli di oggi.

Quando Chester Gould creò Dick Tracy nel 1931, fu il primo a vederci lungo, e a sapere che un eroe non solo necessitava di una galleria di cattivi ricorrenti, la cosiddetta “rogue’s gallery”, senza che fossero dei personaggi usa e getta da far morire non appena finita la storia, ma che i cattivi stessi dovessero avere quella componente larger than life che caratterizzava gli eroi.
Proprio in quegli anni, nonostante fosse l’uomo più ricercato degli Stati Uniti, Al Capone si era costruito un certo seguito tra gli americani, che provavano fascino e simpatia per la sua figura, come fosse una specie di Robin Hood che si batteva contro il sistema che aveva fatto finire per strada milioni di americani (erano ovviamente gli anni della Grande depressione). Ovviamente le cose non stavano proprio così, ma al pubblico non importava… i cattivi iniziavano a scuotere un certo fascino.
Capendo perfettamente il clima del periodo, Gould creò dei cattivi caratteristici e carismatici da contrapporre alla sua creatura da subito, facendo apparire il primo cattivo ricorrente di una lunga serie già nella seconda strip di Tracy: Big Boy. Negli anni successivi, Gould ne creerà sempre di più iconici, da Faccia di prugna, a Sopracciglia, a La Ruga, ma soprattutto… al villain più famoso di Tracy, Testa piatta Jones (o Flattop Jones). Quest’ultimo sarà la più grande “vittoria” di Gould nel cercare di creare villain apprezzati quanto gli eroi visto che, quando nel 1944 farà morire il personaggio, sarà tempestato di lettere dei fan in lacrime dispiaciuti per il destino del personaggio, e che ne imploravano il ritorno (Gould li accontenterà parzialmente introducendo il fratello e il figlio di Flattop qualche anno dopo): l’impossibile era stato fatto, ora i fan empatizzavano per i cattivi!
Come avrete intuito dai nomi i villain di Dick Tracy, tra teste piatte e cicatrici, erano tutti caratterizzati da delle deformità come segno distintivo e inconfondibile; caratteristica di cui tutti i villain di Batman dell’epoca prenderanno spunto.

Dopo eroi come The Shadow che seguiranno l’esempio dei cattivi ricorrenti, Batman si adatterà pian piano negli anni, affrontando nemici che sopravvivessero oltre la singola storia (basti pensare al Joker, che in origine doveva morire nella prima apparizione) dai nomi che con gli anni impareremo a conoscere bene: il Pinguino (creato da Kane dopo aver visto la mascotte delle sigarette Kool, ossia un pinguino con ombrello e cilindro in testa), Hugo Strange (primo villain a scoprire la doppia identità di Wayne), il già citato Joker, e Due Facce (che inizialmente si chiamava Harvey Kent, poi cambiato in Dent per evitare omonimia con Clark Kent).
Tutti villain decisamente alla Dick Tracy e coerenti con lo stile dell’epoca: deformi, legati alla malavita, e dallo stampo da gangster movie. Due Facce in particolare, sia nella deformità che nel nome sarebbe stato un perfetto villain per le storie di Chester Gould. Ah, visto che siamo in tema hard boiled, che tra le varie cose lancerà anche l’archetipo della femme fatale, nel 1940 apparirà anche Catwoman, che alla sua prima apparizione si becca una manata in faccia da Batman che gli dice “Sta buona o papà ti sculaccia”. Niente, mi fa sempre ridere ricordarlo.
L’uomo invisibile
Come i più attenti avranno notato, la maggior parte – per non dire tutti – degli elementi che rendono Batman l’icona che conosciamo sono attribuibili a Bill Finger. E allora perché vediamo sempre in tutti i media “Batman created by Bob Kane”? È errato dire che Kane abbia contribuito zero: oltre al nome, all’idea dell’eroe notturno senza poteri ha dato grande contributo (sempre insieme a Kane) nel creare Robin e il Joker, ma è innegabile che un buon 80% non sia da attribuire a lui.
Finger, come molti fumettisti della sua generazione, abituati ad essere considerati dai loro contemporanei come artisti di serie B, era una persona estremamente riservata, che non ci tenne mai particolarmente alla fama e alle luci della ribalta, così tanto che addirittura il suo volto è ricostruibile solo grazie a pochissime foto. Di recente mi sono imbattuto in un sito (di cui non farò il nome) che parlando di come Finger creò Batman, per mostrare il suo volto ha usato una foto di Steve Ditko (!), il che si commenta da solo. Per evitare altra mala informazione, ecco una delle poche foto disponibili di Finger, direttamente dal suo annuario scolastico.

Finger morì nel 1974, e mai si interessò a rivendicare la paternità di Batman, fama e successo non facevano per lui nonostante ne avesse ogni diritto, e vedere Kane dire al mondo tra interviste e biografie che Batman è stata unicamente una sua creazione fatta “con l’aiuto di Dio” (sì, c’è scritto questo sulla sua tomba) fa davvero male per chi conosce questa storia.

E fa ancora più male rapportare i soldi e il riconosciuto successo incassati da Kane rispetto a Jerry Siegel e Joe Shuster, che per vedere un semplice “Superman created by Jerry Siegel and Joe Shuster” nel primo film di Superman del 1978 (40 anni esatti dalla creazione) hanno dovuto lottare in tribunale per anni. Ah, Kane a distanza di anni verrà anche accusato di plagio per la primissima storia di Batman, addirittura per aver copiato alla lettera pose ed espressioni dei personaggi nelle vignette da altri disegnatori (e se mettete a confronto le vignette incriminate è tutto tranne che un’accusa infondata). Insomma, niente di nuovo per chi sostiene di aver avuto più aiuto da Dio che da Bill Finger.

Nonostante abbia fatto da ghost writer per la maggior parte della carriera addetti ai lavori, fumettisti, e storici del fumetto sono tutti perfettamente a conoscenza dell’enorme contributo di Finger al mondo dei fumetti, incluso il suo grande apporto al mito di Batman di gran lunga superiore a quello di Kane; un storia di cui negli ultimi anni, grazie anche al credit di Batman v Superman, si è discusso sempre di più, a tal punto che nel 2017 Hulu ha persino prodotto un documentario sulla storia chiamato esplicitamente Batman & Bill. Sempre nello stesso anno, la città di New York ha intitolato nel Bronx, quartiere dove era nato e cresciuto, una via a suo nome.

Affermare tra i fumettisti che Finger abbia contribuito a Batman molto più di Kane è come rivelare che l’acqua è bagnata: una verità assodata e conosciuta da tutti da decenni; basti pensare che in una vignetta commemorativa fatta per la sua morte nel 1974, a rendere omaggio alla sua tomba non è (il primo) Lanterna Verde, altra sua creatura non accreditata, ma Batman. Kane stesso, forse per i sensi di colpa, dopo la morte dell’amico ammise che forse poteva aver avuto un aiutino da Finger. Oltre a quello di Dio, si intende.
Batman v Superman è stato un film molto controverso, può piacere e non piacere, ma per chi conosce questa storia, vedere scritto nei titoli “Batman created by Bob Kane and Bill Finger”, è valso da solo il prezzo del biglietto.
